
Per il sesto numero di Ruido abbiamo intervistato Camila Falcão, una fotografa brasiliana specializzata nel ritratto. Con i suoi ultimi progetti Abaixa que é tiro, Onyka e Across, in between and behind si é focalizzata sulla rappresentazione delle donne trans, travestite e delle persone non binarie nella società brasiliana dove il machismo, la transfobia e la violenza di genere sono in continuo aumento.
Di Gianpaolo Contestabile
Com’è nata l’idea del tuo progetto Abaixa que é tiro [1 ]?
Stavo lavorando come volontaria per una Ong che si occupa di prestare assistenza a persone trans e travestite e stavo documentando un intervento di distribuzione di preservativi alle donne che lavorano in strada. Durante quell’esperienza ho iniziato a prendere coscienza della grande varietà di possibilità con cui il femminile puó essere performato e di cui non ne ero a conoscenza. Ho avuto modo di conoscere le tante sfumature del femminile e una gran diversitá di donne. Come gran parte delle persone cis, anche io avevo già delle idee precostituite rispetto alle donne trans e travestite ma queste idee sono state totalmente decostruite durante le prime uscite in strada. Sono rimasta subito incantata dalla loro bellezza, dai loro corpi, dalle loro personalità e in quel momento è iniziato il mio progetto Abaixa que é tiro durante il quale ho fotografato piú di 60 donne trans e travestite.

Perchè hai scelto di fotografare tutti i tuoi soggetti in spazi interni?
Una cosa che avevo chiara in mente fin da subito era che volevo focalizzarmi soprattutto sui corpi senza chirurgia plastica e volevo fotografarle in un ambiente domestico e con la luce naturale del sole, in modo da cercare di cambiare gli stereotipi diffusi in Brasile, dove soprattutto le persone travestite sono associate con la vita notturna. Adoro questo tipo di luce che entra dalla finestra perchè permette di raffigurare le persone in tutta la loro bellezza. Sono stata influenzata dai pittori olandesi del 17esimo secolo e ho deciso di utilizzare sempre lo stesso tipo di luce perchè volevo che le donne ritratte apparissero tutte molto belle.

I corpi delle donne che hai fotografato, oltre a mettere in discussione lo sguardo binario dominante rispetto all’identitá sessuale e di genere, sembrano andare oltre agli standard normativi imposti dai mass media. É stata una scelta deliberata?
Prima di tutto dobbiamo domandarci cos’è normale, perchè secondo me tutte le donne che ho raffigurato sono perfettamente normali e affascinanti, sia le persone non binarie che quelle trans e travestite. Quello che non è normale sono i corpi che vediamo normalmente sulle riviste con la pelle ritoccata con photoshop. Essere normali significa avere un corpo con il quale tu ti senti bene e non cercare di adattarsi al capitalismo e al patriarcato che vogliono farci trasformare in oggetti di consumo, soprattutto a noi donne cis e trans. Per me questi corpi sono perfettamente normali, forse siamo noi che non siamo abituati a vedere questi modelli nei mezzi di comunicazione. Io non uso mai photoshop, uso solo lightroom per gestire la luce e solo leggermente i colori che però cerco di lasciare più neutrali possibile. Soprattutto non uso photoshop per rendere più magre le persone o aggiungere dettagli ai loro corpi.

Com’è nata la tua serie fotografica Onyka?
Onyka é il nome della donna che ho ritratto in diverse pose e con diversi look per realizzare questo progetto. L’ho conosciuta quando stavo realizzando il mio progetto Abaixa que é tiro, mentre ero a un evento di poesia con microfono aperto in una piazza del centro di Rio de Jainero. Mi trovavo lí perchè avevo un appuntamento con un’altra donna che volevo fotografare e durante quell’incontro ho visto Onyka in mezzo al pubblico. Ne ero rimasta affascinata e mi avvicinai per chiederle se le sarebbe piaciuto posare per me. Le spiegai che ero un’artista e che stavo fotografando donne trans e travestite. Lei accettò il mio invito ed è diventata la seconda persona che ho fotografato per Abaixa que é tiro. Ci demmo appuntamento per la settimana successiva e la sessione fu ottima. Sentivo che a lei le piaceva molto posare e durante lo shooting conversammo molto, passammo tutto il pomeriggio a parlare e mi raccontò della sua vita e della sua transizione. Lo ricordo come un momento molto piacevole e quando vidi i risultati di quella sessione ne rimasi positivamente stupita e le inviai le foto. Gli scatti le piacquero molto così le dissi che mi sarebbe piaciuto fotografarla durante un lasso di tempo più lungo, e lei accettò. Cosí abbiamo portato avanti questo progetto insieme per circa due anni.

Pensi che l’arte e la cultura, in questo caso la fotografia, possano contribuire ai processi di cambiamento sociale e di liberazione dalle oppressioni?
Credo di sì, anzi ne sono certa. In Brasile stiamo vivendo un periodo molto difficile, il nostro presidente è un perfetto idiota, un omofobo, transfobico, razzista e ora la nostra società è molto divisa, assomigliamo sempre di più agli Stati Uniti. Credo che questa che stiamo vivendo sia l’ultima ondata del patriarcato, del machismo e della misoginia, e si stanno rendendo conto che stanno per perdere questa battaglia e che noi donne, persone lgbtqi* e afrodiscendenti presto o tardi vinceremo. Credo inoltre che l’arte possa essere d’aiuto e contribuire durante questo processo soprattutto grazie al lavoro delle donne, delle persone trans, travestite e delle donne nere. Dobbiamo stare molto attente alle loro opere, ascoltare le loro voci, dargli importanza e visibilitá. Credo che stiamo facendo la nostra parte, e io come artista posso mostrare questi corpi, queste persone, queste bellezze e questa diversitá perchè penso che possano avere un impatto molto potente.

Dove nasce l’esigenza di focalizzarsi principalmente sui corpi delle donne trans e travestite che non hanno ricorso alla chirurgia estetica? Questa prospettiva ricorda il discorso di Linn Da Quebrada, un’artista trans e non binaria brasiliana che rivendica il suo essere donna senza il bisogno di sottoporsi a trattamenti ormonali o operazioni chirurgiche per esprimere la sua identitá.
Sì la adoro, il mio sogno è fotografare Linn e Jup do Barrio, le amo! Quando ho iniziato a passare più tempo con persone trans, travestite e non binarie mi sono resa conto che non c’era per forza bisogno della chirurgia per essere donne, o essere trattate e rispettate come tali. I loro corpi senza chirurgia meritano lo stesso rispetto del mio corpo di donna cis. Nel momento in cui dicono di essere donne non hanno bisogno di nient’altro, i loro corpi sono già perfetti, è la società che le vede attraverso delle costruzioni sociali per cui una donna dovrebbe apparire in un determinato modo. Io voglio mostrare che loro sono perfette così come sono, i loro corpi sono perfetti con un pene o senza seno. Se vogliono sottoporsi alla chirurgia non c’è problema ma non ne hanno bisogno. In alcune foto hanno voluto mettersi dei seni, pero in generale ho cercato di mostrare questi corpi senza chirurgia perchè in Brasile (non solo, peró io posso parlare solo per quella che è stata la mia esperienza qui) esiste uno stereotipo molto forte per cui si pensa che le donne travestite debbano avere seni di silicone enormi, e volevo mostrare altre possibilità e altri corpi femminili. Ho cercato di fotografare donne nere, grasse, magre e non focalizzarmi solo su quelle donne con un alto livello di passing [2 ] , volevo fotografare tutti i corpi femminili possibili.

C’è qualcos’altro che vuoi aggiungere o che ti sembra importante specificare?
Sí penso sia importante ricordare che il Brasile è il Paese dove si ammazzano piú persone trans al mondo e quest’anno c’è stato un netto aumento degli omicidi transfobici rispetto all’anno scorso. Il Brasile è anche il Paese che piú di tutti consuma materiale pornografico con persone trans a livello mondiale. Questi dati dimostrano la malignità della nostra società.

[1 ] Abaixa que é tiro è un’esclamazione diffusa nella comunità LGBTQI* brasiliana per commentare qualcosa di fantastico e favoloso che ti ha colpito. Il titolo di questo progetto nasce proprio dalle parole utilizzate dalle donne che hanno partecipato al progetto nel vedere i loro ritratti pubblicati sui social.
[2 ] Il passing è la capacità di essere percepite dalla società come appartenenti a un determinato gruppo sociale, nel caso delle donne trans significa riuscire a passare l’esame dello sguardo transfobico ed essere percepite come donne cis.