L’innesco inaspettato di una virata economica in Argentina

Claudio Katz

La pandemia ha sconvolto tutte le priorità di un governo che aveva appena cominciato la sua attività. Il presidente Alberto Fernández affronta ora due emergenze simultanee: lo tsunami della salute e il peggioramento della recessione. Il ritardo con cui il coronavirus arriva all’emisfero meridionale permette all’Argentina assimilare ciò che è successo nel nord. Ma quel vantaggio dà solo un po’ più di tempo per cercare di rattoppare un sistema sanitario distrutto. Il governo ha accelerato l’inizio dell’isolamento sociale, di fronte al grave pericolo che si avvicina a causa della mancanza di respiratori e ospedali. Tutti temono le conseguenze di un salto esponenziale dei contagi e si cerca di appiattire la curva della diffusione del virus per distribuire l’impatto sulla struttura sanitaria.

L’esperienza internazionale sembrerebbe indicare che l’epidemia può essere contenuta grazie al distanziamento sociale e ai test. I risultati della quarantena iniziano a vedersi in Cina e i test di massa sono stati efficaci in Corea del Sud. Però poiché l’intensità dell’isolamento è proporzionale al collasso dell’economia, si è cercato di rinviare le misure di chiusura. Le strazianti conseguenze di questo ritardo hanno poi successivamente portato alla generalizzazione della quarantena.

In Argentina è stato deciso un isolamento domiciliare drastico con un numero relativamente basso di contagi. Tale risoluzione è stata influenzata dalla tragedia osservata in Italia e Spagna. Le condizioni avverse dettate dall’alta circolazione di turisti, una presenza significativa di popolazione adulta e ripetute violazioni della quarantena hanno innescato il dramma che affrontano entrambi i paesi. D’altra parte, i tagli nel bilancio della sanità pubblica e la mancanza di copertura da parte del sistema privato aiuterebbero a ​​spiegare il contrasto con la situazione in Germania. In ogni caso, la distanza della struttura sanitaria argentina con quella europea è monumentale.

La pandemia ha sconvolto tutte le priorità di un governo che aveva appena cominciato la sua attività. Il presidente Alberto Fernández affronta ora due emergenze simultanee: lo tsunami della salute e il peggioramento della recessione. Il ritardo con cui il coronavirus arriva all’emisfero meridionale permette all’Argentina assimilare ciò che è successo nel nord. Ma quel vantaggio dà solo un po’ più di tempo per cercare di rattoppare un sistema sanitario distrutto. Il governo ha accelerato l’inizio dell’isolamento sociale, di fronte al grave pericolo che si avvicina a causa della mancanza di respiratori e ospedali. Tutti temono le conseguenze di un salto esponenziale dei contagi e si cerca di appiattire la curva della diffusione del virus per distribuire l’impatto sulla struttura sanitaria.

L’esperienza internazionale sembrerebbe indicare che l’epidemia può essere contenuta grazie al distanziamento sociale e ai test. I risultati della quarantena iniziano a vedersi in Cina e i test di massa sono stati efficaci in Corea del Sud. Però poiché l’intensità dell’isolamento è proporzionale al collasso dell’economia, si è cercato di rinviare le misure di chiusura. Le strazianti conseguenze di questo ritardo hanno poi successivamente portato alla generalizzazione della quarantena.

In Argentina è stato deciso un isolamento domiciliare drastico con un numero relativamente basso di contagi. Tale risoluzione è stata influenzata dalla tragedia osservata in Italia e Spagna. Le condizioni avverse dettate dall’alta circolazione di turisti, una presenza significativa di popolazione adulta e ripetute violazioni della quarantena hanno innescato il dramma che affrontano entrambi i paesi. D’altra parte, i tagli nel bilancio della sanità pubblica e la mancanza di copertura da parte del sistema privato aiuterebbero a ​​spiegare il contrasto con la situazione in Germania. In ogni caso, la distanza della struttura sanitaria argentina con quella europea è monumentale.

Il governo Fernández ha anche anticipato la quarantena, conoscendo le difficoltà nell’indurre una sua rapida accettazione sociale. Ha agito al contrario di Trump o Boris Johnson, che si sono beffati della pandemia esibendo una irresponsabilità capitale. Bolsonaro aderisce alla stessa linea folle. Ci regala uno spettacolo imbarazzante maneggiando la mascherina e presentando la malattia come un complotto dei media, mentre cresce il numero di contagiati nel suo proprio gabinetto.

ECLISSI NEOLIBERISTA

In molti casi, l’affinità con il neoliberismo ha modellato il tipo di reazione alla pandemia. I governi che santificano il mercato cercano di evitare un riorientamento verso la regolamentazione statale. Il terribile ricordo recente di Macri ha facilitato questa conversione in Argentina. Di fronte al pericolo di una catastrofe sanitaria ha prevalso in un primo momento la stessa reazione iniziale che in Europa o negli Stati Uniti. Prima è emersa la paura e la psicosi da accaparramento nei supermercati. In Argentina c’è già una certa abitudine ai tremori dell’economia e ai cataclismi sociali, ma la dinamica di una convulsione così strettamente legata a situazioni di guerra rimane sconosciuta. Questa confusione spiega gli episodi iniziali di violazione della quarantena necessaria per interrompere la trasmissione del virus. Successivamente si è verificata una accettazione generalizzata dell’isolamento, insieme a un’ondata di critiche nei confronti dei settori abbienti che lo violano dando priorità ai propri passatempi invece che alla cura della salute pubblica.

Più significativa è la svolta politica. Si è popolarizzata la rivendicazione di Aerolineas Argentinas di fronte alla scoperta che Fly bondy[1] non sarebbe andata in soccorso di nessun cittadino bloccato all’estero. La popolazione è orgogliosa del Malbrán[2], seppellendo le lodi neoliberali alla medicina privata. Gli applausi notturni in omaggio a medici e agli infermieri illustrano il nuovo clima. I fanatici del libero mercato rimangono in silenzio. In uno scenario di intervento statale insostituibile non c’è spazio per esaltare i tagli alla spesa pubblica. Di fronte all’urgente necessità di garantire la fornitura di alimenti e medicinali cadono tutti i miti sulla libertà dei prezzi. Non c’è spazio nemmeno per l’ostilità contro le misure di protezione dell’occupazione e la concessione di sussidi ai settori più paralizzati dell’economia. L’inutilità del ricettario liberale salta alla vista e per evitare tale scoperta Espert e Milei[3] vengono emarginati dagli schermi televisivi. L’eclissi neoliberista è confermata anche dall’impressione diffusa che una eventuale direzione di Macri dell’attuale emergenza avrebbe condotto il paese all’abisso. Non solo il suo governo ha tagliato il bilancio sanitario del 23%. La sua reazione abituale di fronte a qualsiasi crisi è stata prendersi del tempo libero, divertirsi ed andare in vacanza. Non c’è dubbio che avrebbe nuovamente privilegiato gli affari dei suoi amici personali alla protezione della salute pubblica.

UN ALTRO SCENARIO DI FRONTE AL DEBITO

La pandemia spinge il governo a modificare il suo piano di raggiungere prima un accordo con i creditori per poi riattivare l’economia. La possibilità di una grande depressione costringe a invertire la sequenza. Il debito è passato ad un secondo piano di fronte all’urgente necessità di contenere la recessione. Il programma precedente promuoveva un gran risparmio fiscale per facilitare i pagamenti verso gli obbligazionisti. A tal fine era stato sospeso l’adeguamento automatico delle pensioni all’inflazione e si erano aumentate tutte le tasse. Questa strategia è stata sepolta da un aumento significativo della spesa pubblica (2% del PIL), in linea con il corso seguito in tutti i paesi. Però la fragilità del sistema sanitario obbliga ad accendere tutti gli allarmi. Se confrontato con la massa di risorse assegnate all’emergenza nei paesi sviluppati, il pacchetto di emergenza approntato nel nostro paese è molto modesto. Un problema chiave è come finanziare tale spesa. La riscossione delle imposte continua in picchiata ed il rubinetto del finanziamento esterno è chiuso. Inoltre, il default “selettivo” del debito interno ostacola qualsiasi captazione di credito locale. In un contesto di rinnovo forzato di tutti i titoli in ballo c’è poco spazio per emettere nuovi buoni del tesoro.

L’emergenza sanitaria sarà risolta nell’immediato per mezzo di emissione monetaria. Ma l’uso esclusivo di questa risorsa potrebbe influire sul tasso di inflazione. Per questo motivo la sospensione del pagamento del debito estero è diventata inevitabile. È l’unico modo per sostenere il programma contro la pandemia. Governo e creditori lo sanno bene e già immaginano un accordo diverso da quello che si ipotizzava precedentemente, o un inesorabile default. La proposta iniziale di negoziare uno scambio tra l’emissione di nuove obbligazioni e una riduzione del debito e degli interessi e il differimento dei pagamenti ha perso fattibilità. Tutte le misure recenti adottate al fine di percorrere questa strada (legge di solidarietà, appoggio dell’FMI) sono ricordi del passato. Prima della pandemia, i principali detentori del debito argentino respingevano qualsiasi riduzione degli esborsi. Per quello hanno sabotato la rinegoziazione delle scadenze di un buono provinciale (provincia di Buenos Aires) e uno nazionale (Dual). Con questa postura hanno permesso che gli indicatori del “rischio paese” schizzassero alle stelle, così come il costo delle assicurazioni sul debito (CDS). Ma adesso tutti affrontano la novità di un crollo fulminante delle emissioni argentine, il cui valore è ora infatti inferiore al 35%. La sofisticata ristrutturazione del debito preparata dal ministro Guzman si trova ora in un limbo. Per il momento mantiene l’offerta di rinegoziare tutti i debiti soggetti a legge straniera, però richiederebbe uno sconto più significativo (55%) e un rinvio dei pagamenti di diversi anni. Si avvicina, accordo o no, l’impossibilità totale di trasferire fondi ai creditori. È l’unico modo per finanziare l’emergenza sanitaria e contenere la recessione.

IL SUICIDIO DEL PAGAMENTO DEL DEBITO ESTERO

Resta da vedere come reagiranno i creditori di fronte alle grandi scadenze del debito di maggio e giugno. Se non si troverà un accordo verrà ufficializzato il default. I consulenti finanziari che hanno sostituito sugli schermi gli economisti screditati del macrismo, sottolineano la convenienza di fare una “offerta amichevole” ai creditori. Sostengono che è il momento di un accordo con quelli disposti ad accettare qualsiasi liquidazione. Ma finora non vi è nessun indizio di tale predisposizione. È solo una possibilità che implicherebbe un esborso infame nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria.  

Viene evidenziata inoltre l’utilità di un accordo prima che i “fondi avvoltoi” comprino le obbligazioni imponendo il pagamento totale dei titoli. Durante il macrismo ciò ha significato un esborso di 15 miliardi di dollari, ma non c’è motivo di ripetere questa truffa. Basta immaginare quanti ospedali si sarebbero potuti costruire con il denaro trasferito ai creditori. I presagi neoliberali di un disastro colossale con il default non hanno più senso. Nella tempesta attuale lo spettro di una chiusura dei mercati di credito non riguarda più solo l’Argentina. Incide su molte economie della periferia. In un crack come l’attuale è ridicolo allarmarsi per l’incerta possibilità di acquisire prestiti in futuro. Ancora più assurda è la paura di azioni legali o pignoramenti di proprietà statali all’estero. Lo tsunami che affronta Wall Street rende irrilevanti tali cautele.

Se prima della pandemia il rimborso del debito impediva la crescita dell’economia, nell’attuale congiuntura condurrebbe alla catastrofe. Già non si tratta del tipo di ostacoli che le obbligazioni fiscali impongono alla riattivazione dell’economia. L’unico calcolo importante è quanto deve aumentare la copertura per i contagiati dal virus. Il rischio paese ha perso la sua valenza finanziaria e adesso allude alla magnitudine dei pregiudicati dal coronavirus.  La cessazione del pagamento del debito è indispensabile per salvare vite umane. Passano in secondo piano gli argomenti contro un esborso di valuta che rinnova la dipendenza, rende eterna la soggezione ai tribunali stranieri e ratifica le frodi. Quello che primeggia in questo momento è l’assurdità di destinare agli speculatori i fondi necessari per comprare test e medicinali.  

NUOVI APPROCCI AL COMMERCIO E VACA MUERTA

Il default parziale iniziato lo scorso anno facilita la protezione dell’economia di fronte alla tempesta internazionale. Contiene la trasmissione dell’impatto mediante il controllo dei movimenti di valuta estera e limita l’emorragia che soffrono altri paesi (Cile, Colombia). Dato che la percentuale totale degli scambi commerciali sul PIL è la metà della media mondiale, è possibile amministrare l’imminente contrazione del commercio estero. Già è un dato di fatto la riduzione degli acquisti dalla Cina, la fulminante caduta del turismo e la forte contrazione dell’economia brasiliana. È iniziata inoltre la revisione delle importazioni per dare priorità all’uso della valuta estera disponibile. La vecchia ossessione per la “competitività” del tipo di cambio ha perso significato. Se il paese “accompagna” la svalutazione del real brasiliano la riduzione dell’inflazione sarà compromessa in un momento critico per il prezzo dei beni di prima necessità.

Anche nel settore dell’energia si impone un cambiamento radicale. Il crollo del prezzo internazionale del petrolio sta interrando il progetto Vaca Muerta[1]. Se lo sfruttamento del giacimento era già impensabile con il barile a 50-60 dollari, sotto i 40 è da considerare archiviato. Lo stesso ripensamento che riguarda il debito vale per i combustibili. Sarà necessario ricominciare a investire nel greggio convenzionale, riponendo nel cassetto le fantasie di “una seconda pampa umida”[2] a Neuquén. La celebrazione di Vaca Muerta come strumento per rimborsare il debito non solo è immorale (devastazione delle risorse naturali per premiare gli usurai). Adesso è diventata una illusione. La necessità di frenare l’inflazione obbliga anche ad aggiustare il prezzo locale dei carburanti alle nuove quotizzazioni internazionali. Non c’è ragione di mantenere i prezzi così elevati. È il momento di rovesciare l’influenza della lobby petrolifera che impone aumenti quando sale il prezzo mondiale del petrolio e ostacola la diminuzione quando scende.

RIMPATRIO DEI CAPITALI, AUDITING DEL DEBITO, SOVRANITÀ

Non c’è dubbio che il paese ha bisogno di valuta estera per acquistare i prodotti necessari per affrontare l’emergenza. Questi fondi sono disponibili nelle copiose somme di capitale argentino depositato all’estero. Dopo varie fughe – con un picco di 88 miliardi di dollari durante il macrismo – la cifra totale di questi fondi supera il PIL. La crema della classe capitalista ha depositato il suo patrimonio in banche estere e nei paradisi fiscali. In un momento di richiami alla solidarietà e a “prenderci cura l’uno dell’altro”, il rientro di questi capitali dovrebbe essere una priorità. Si potrebbero adottare varie misure per incentivare il rimpatrio delle risorse prodotte nel paese. I proprietari sono conosciuti e mantengono gran parte dei loro attivi in Argentina. Esistono distinti strumenti fiscali per implementare il rimpatrio. La revisione (auditing) del debito renderebbe tale azione più fattibile. Si sa che i passivi contratti dallo Stato hanno finanziato la fuga di capitale mediante truffe simili a quella consumata dell’impresa cerealicola Vicentín con i crediti del Banco Nación. Questo tipo di frodi sono state commesse anche dai fornitori di Viabilidad Nacional e dalle imprese energetiche che hanno dollarizzato le tariffe locali per trasferire all’estero i guadagni.

Dopo molti anni in cui l’auditing del debito era stato messo nel cassetto, il governo ha annunciato una indagine della Banca Centrale e ha riattivato la commissione bicamerale di seguimento. Ha promesso di identificare le operazioni di fuga realizzate con la copertura del prestito concesso dall’FMI al macrismo. Bisogna vedere se questa iniziativa continuerà nella nuova congiuntura. Sarebbe necessario estenderla a tutte le transazioni degli ultimi anni per avere un panorama completo dei capitali da rimpatriare nell’emergenza attuale. Questo tipo di iniziative hanno bisogno di una ricostruzione piena della sovranità nazionale. A tutte le latitudini gli Stati tendono a sospendere gli impegni internazionali che incidono negativamente sull’emergenza sanitaria. In Argentina l’esercizio effettivo della sovranità è limitato dalla tutela dell’FMI.   

Questo controllo è arcinoto però è stato relativizzato dal governo il quale presenta il Fondo come un nuovo alleato del paese. Si afferma ingenuamente che “ci ha dato ragione”, che è diventato sensibile e che contribuirà a mediare contro l’avarizia dei creditori. Tuttavia basta osservare come l’FMI ha rifiutato la richiesta venezuelana di un prestito di emergenza per far fronte alla pandemia per confermare che questa istituzione non è cambiata. Semplicemente si colloca in prima fila fra i futuri creditori ed esige il rimborso prioritario dei suoi prestiti. Per tale ragione si autoesclude dal grande sconto che propone per i fondi di investimento. L’FMI affronta attualmente una forte crisi interna per il credito concesso all’Argentina in violazione del suo statuto e teme di soffrire in prima persona gli effetti del default. Ripetendo la ricetta del 2008, l’FMI propone adesso una forte espansione internazionale della spesa pubblica. In questo modo invita ad aiutare i capitalisti minacciati dal fallimento imminente. Questa politica è presentata come un altro esempio di sintonizzazione con l’Argentina, quando in realtà il Fondo rifiuta qualsiasi sconto dei suoi crediti ai paesi debitori del Cono Sud. Nei fatti, colloca l’Argentina nel gruppo delle economie periferiche che dovrebbero aumentare i trasferimenti ai centri metropolitani del capitalismo.    

PREZZI, RECESSIONE, INFORMALITÀ
Le misure del governo si sintonizzano con il nuovo clima dell’economia di guerra internazionale. Il tono di Fernández è più severo quando prevede sanzioni per il rincaro o la carenza di prodotti essenziali. Il grado di conformità alle avvertenze ufficiali si vedrà nei prezzi di questi prodotti. È assolutamente inammissibile ciò che è accaduto con il disinfettante (che è scomparso dai negozi) o con l’alcol-gel (che ha raggiunto prezzi deliranti). Stabilire un tetto ai prezzi è una disposizione molto diversa dalla “Ley de Góndolas”[3] o dagli indici di riferimento che fino ad ora ha promosso la Segreteria del Commercio. Le vecchie sanzioni previste dalla legge di approvvigionamento sono già state menzionate più volte. Se in questo modo sarà possibile attenuare la carestia, tutte le assurdità neoliberali sull’inefficacia della regolamentazione e l’imprescindibile regno del libero mercato verranno definitivamente smentite. Poiché la contrazione dell’economia in Argentina non incomincia con la pandemia, il contenimento della recessione è un’altra priorità. Il terzo anno consecutivo di calo del PIL genererà gravi effetti cumulativi. Durante il primo trimestre, la riattivazione economica è stata assente come la promessa di “mettere soldi nelle tasche della gente”. Da un lato, i sussidi concessi ai settori più umili hanno avuto un impatto limitato sulla domanda e sono stati parzialmente bruciati dall’inflazione. D’altro canto, il taglio alle pensioni, l’assenza di aumenti salariali e il continuo aumento delle imposte ai lavoratori hanno impedito il rilancio dei consumi. Il nuovo scenario dissipa tutte le aspettative sull’attesa crescita. Non si discute più quando l’economia comincerà a riattivarsi, ma su come evitare un suo ulteriore declino.


Le stime prevedono un ulteriore calo del 1% del PIL e un aumento della povertà di due o tre punti. Il governo ha cercato di percorrere un cammino intermedio tra austerità e ridistribuzione. Le sue iniziative hanno oscillato tra miglioramenti e restrizioni. Ha promulgato iniziative di assistenza sociale (aumenti dei sussidi e pensioni minime, riduzione dei tassi di interesse, congelamento delle tariffe, limitazioni al licenziamento, tessera alimentare). Ma ha anche calpestato diritti, come la sospensione dell’adeguamento automatico delle pensioni all’inflazione e il tentativo di fare lo stesso con i salari. Resta da vedere se questa linea – a metà strada fra l’austerità e la ridistribuzione – continuerà nel nuovo scenario. Per ora, è stato annunciato un altro aumento della AUH[4] e dei fondi per il programma contro la fame. È stato creato un fondo di emergenza per pensionati a basso reddito e sono state concesse licenze ai lavoratori con figli in età scolare. È stato vietato il taglio di tutti i servizi basici ed è stato imposto il rinvio del pagamento delle bollette. Allo stesso tempo però, le esenzioni ai contributi del datore di lavoro e delle società non sono state estese all’imposta sul reddito pagata dai lavoratori. I problemi più urgenti riguardano la massa di lavoratori precari e di lavoratori autonomi che devono mangiare durante la quarantena. Dipendono dal denaro guadagnato in strada alla giornata nelle attività informali. Gli ulteriori appoggi economici annunciati dal governo sono mirati a questo terzo della popolazione che non appartiene né alla fascia dei lavoratori formali né a quella degli assistiti dallo Stato. È qui che si concentrano i bisogni più urgenti del momento.

RICONVERSIONI  
Le misure in corso mantengono una certa continuità con il programma economico iniziale, ma ne alterano il contenuto. Adesso prevale un proposito keynesiano di utilizzare la spesa pubblica per evitare che la recessione si trasformi in depressione. A tal fine vengono ripristinati i meccanismi di sovvenzione per le imprese messi in atto durante la crisi del 2008-2009 (Repro[5]). In quel momento la domanda interna era sostenuta dalle risorse del Fondo di Garanzia per la sicurezza sociale. Ora queste risorse sono minime e le esigenze di investimento nella sanità pubblica sono enormi.

Non è ancora noto come il governo distribuirà queste erogazioni tra compensazioni ai datori di lavoro e aiuti ai lavoratori. Cercherà sicuramente di mantenere un certo equilibrio tra sussidi ai capitalisti, sostegno dei redditi popolari e mantenimento delle opere pubbliche. Tuttavia, il suo precedente progetto sociale ha perso validità. All’inizio del primo trimestre di governo, Fernández ha cercato di negoziare con i creditori, aumentare la pressione fiscale sulla classe dominante e garantire miglioramenti al settore popolare più trascurato. Ha cercato di rafforzare un’alleanza con l’FMI a scapito dei fondi di investimento e di aumentare la riscossione delle tasse sulla élite agricola della soia favorendo l’industria e le banche. Il presidente ha anche cercato di sostenere i più poveri, senza migliorare però i salari e senza mitigare la situazione della classe media. Adesso questa complessa struttura sta vacillando. Il vortice in corso avrà un impatto anche sulla struttura industriale, che è stata segmentata tra un settore paralizzato e un altro che deve funzionare a pieno ritmo. Centri commerciali, turismo e ristoranti sono rimasti paralizzati mentre l’offerta di cibo, medicine ed energia deve essere moltiplicata. Questo rimodellamento altera il progetto precedente. Lo schema neo-desarrollista, “neo-sviluppista”, ambito da Kulfas per rilanciare l’attuale modello industriale attraverso maggiori esportazioni di soia e petrolio è stato fortemente compromesso.

Le drastiche ristrutturazioni che altri paesi stanno prendendo in esame potrebbero essere istruttive. In Inghilterra si sta valutando la conversione dell’industria automobilistica alla produzione di respiratori. È la tipica trasformazione indotta dalle situazioni di emergenza che dovrebbe prendere in considerazione il paese. Tutto indica che sarà molto difficile tornare a produrre e vendere di nuovo un milione di veicoli. In passato alcuni sconvolgimenti internazionali hanno dato un po’ di respiro ai paesi periferici dell’economia mondiale. Tali avversità hanno indotto nel nostro Paese processi di industrializzazione ed espansione del mercato interno. Hanno facilitato la sostituzione delle importazioni che ha definito il modello industriale in vigore per diversi decenni. La percezione che “Argentina se agranda en las malas” (l’Argentina si rafforza durante le crisi) proviene da queste esperienze. Resta da vedere se il terremoto in corso genererà trasformazioni della stessa portata.

GOVERNO, COMPORTAMENTI E VALORI
La presidenza effettiva di Fernández inizia con l’attuale crisi. È molto probabile che la gestione di questo shock definisca il tono conservatore o progressista del quinto peronismo. Alberto proviene dal primo settore, ma si è adattato al secondo a causa della leadership preminente di Cristina Fernandez de Kirchner durante la successione a Macri. La ridefinizione in corso scuote il progetto iniziale di provare a ripetere l’equilibrio di Nestor, incorporando elementi maggiori di istituzionalità all’interno della coalizione al potere. Fernández è riuscito a rafforzare l’egemonia che ha introdotto all’inizio della sua amministrazione. Ha già ottenuto il sostegno dell’opposizione, la tregua dei media e il continuo sostegno dell’elettorato che ha scommesso sul superamento dell’incubo del macrismo. Ha anche l’approvazione del settore scientifico e sanitario, che esercita un’influenza preponderante nella situazione attuale. La destra ha perso incidenza. I suoi esponenti sono silenziosi o subordinati alle decisioni del governo. Nessuno ricorda Carrió o Michetti[6] e i media conservatori preferiscono nascondere le dichiarazioni deliranti di Macri (“il populismo è peggio del Coronavirus”). Il fallimento della serrata dei produttori agricoli conferma tale declino.

Ma questo scenario potrebbe cambiare bruscamente se le risposte alla crisi fossero inadeguate. La popolazione valuta con grande attenzione la gestione ufficiale di questa tempesta economica e sanitaria. Il rispetto della quarantena sarà il primo test. Essa non funziona semplicemente perché è obbligatoria e implica una grande disposizione alla solidarietà per proteggere i gruppi più vulnerabili. L’uso della forza pubblica per garantire l’isolamento sociale è molto problematico. Ciò comporta un pericolo di militarizzazione e un uso reazionario dell’emergenza. Basta osservare come Piñera usa il pretesto del Coronavirus per schiacciare la ribellione popolare in Cile. In Bolivia, la dittatura sfrutta la pandemia per perpetuare la sua usurpazione. Per i movimenti popolari il nuovo scenario è molto contraddittorio. La mobilitazione nelle strade è stata disattivata in un modo impensabile, in piena preparazione di nuove dimostrazioni femministe e delle marce per il 24 di marzo[7]. Nessuno immaginava una tale smobilitazione della protesta per l’impatto di un virus. È un effetto scioccante per un paese la cui vita politica ha luogo principalmente nelle piazze. Ma emergono anche elementi positivi in ​​uno scenario che risveglia la coscienza collettiva. Già si può percepire come la popolazione premia la solidarietà, la fratellanza o l’aiuto popolare e come condanna l’egoismo e l’individualismo. Recupera significato l’esempio di solidarietà internazionalista dei medici cubani e aumenta il pubblico sensibile alle critiche al capitalismo. Ci sono nuove coordinate per agire in un contesto inedito.

Pubblicato originariamente su www.lahaine.org/katz il 24/03/2020

Claudio Katz è economista, ricercatore del CONICET (Argentina), professore de la Università di Buenos Aires e membro de Economistas De Izquierda. Il suo sito web è: http://www.lahaine.org/katz


[1] Compagnia aerea low cost che opera nel paese a partire della recente liberalizzazione del settore aeronautico commerciale da parte del governo Macri.

[2] Ospedale specializzato in malattie infettive in cui si concentrano le operazioni di supervisione dei test del COVID-19.

[3] Esponenti ultraliberisti, Espert è stato candidato presidenziale nelle elezioni del 2019.

[4]Si tratta di un giacimento di gas e petrolio non convenzionale (fracking) che si trova nella provincia patagonica di Neuquén e il cui sfruttamento è soggetto a dura critica a causa del pesante saldo ambientale che provoca.

[5]L’espressione si riferisce alla grande fertilità delle coltivazioni nella regione pampeana, fonte storica di competitività delle esportazioni agricole argentine.

[6]La “legge degli scaffali” è una politica di contenimento dei prezzi medi dei prodotti venduti nei supermercati che però non fissa prezzi massimi.

[7]Asignación Universal por Hijo, sussidio assegnato alle famiglie più bisognose e legato al numero di bambini presenti nel nucleo familiare. 

[8]Programma dal funzionamento simile alla cassa integrazione.

[9] Entrambi esponenti di spicco della coalizione “Macrista”. Michetti era la vicepresidentessa di Macri.

[10] Ogni anno si commemora il 24 di marzo del 1976, data dell’ultimo e più cruento golpe militare della storia argentina.

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