di Simone Scaffidi – da Repubblica
CITTÀ DEL GUATEMALA – La giornalista Jovanna Garcia, che stava documentando per la rivista femminista Ruda le manifestazioni del 28 novembre scorso a Città de Guatemala, è stata avvicinata da un uomo che dopo averla accusata di essere «una provocatrice» e «un’infiltrata femminista» l’ha colpita con una mazza di ferro provocandole un trauma severo alla colonna cervicale e un ematoma all’altezza della spalla. Un episodio non isolato, come conferma Pia Flores, giornalista della rivista femminista La Cuerda, che si è vista intimidita da alcuni uomini che accusavano «“quelle del potere femminista” di star generando problemi».
Le aggressioni contro i giornalisti. Alla fine della giornata del 28 novembre la Procura dei Diritti Umani, massimo organismo istituzionale in materia, dopo aver riportato l’aggressione di un proprio funzionario ha segnalato alle autorità predisposte le aggressioni subite da cinque giornalisti, inclusa Jovanna Garcia. Già il 21 novembre i giornalisti impegnati a documentare le proteste erano stati vittime di attacchi e violenze mentre stavano facendo il proprio lavoro: Carlos Sebastian era stato ferito alla testa da un agente, Melissa Mencos arrestata – e poi liberata, insieme alle altre 46 persone fermate – e Nanci Sinto malmenata.
L’intensificazione della violenza. L’organizzazione di avvocati del Centro di Azione Legale per i Diritti Umani (Caldh) ha reiterato la denuncia, espressa in occasione del 21 novembre, segnalando che le violenze della polizia contro i giornalisti e i manifestanti «violano gli standard internazionali in materia di diritti umani». Un tale livello di violenza urbana non era mai stato raggiunto negli ultimi anni. Ai feriti del 21 novembre – più di trenta, dei quali due hanno perso un occhio – si aggiungono un numero ancora indefinito di persone che hanno subito violenze o lesioni nella giornata di sabato 28 e due manifestanti arrestati.
La mobilitazione pacifica. La giornata è trascorsa tranquilla, alle 14.00 i manifestanti si sono concentrati in Plaza de la Constitución dove hanno dato vita a una protesta pacifica. La mobilitazione ha confermato di non essere la reazione puntuale all’approvazione della Legge Finanziaria 2021 – che nei giorni immediatamente successivi alla manifestazione del 21 novembre è stata bloccata – ma bensì il risultato di un più generalizzato malcontento contro le politiche del governo di Alejandro Giammattei, che privilegiano gli interessi delle élite economiche e militari del Paese, escludendo la maggioranza della popolazione dai processi decisionali.
Gli scontri. Gli agenti della polizia nel primo pomeriggio si sono presentati in Plaza de la Constitución, davanti al Palazzo Nazionale, con rose bianche in mano e un fazzoletto blu al collo in segno di conciliazione con i manifestanti. Nella piazza sono stati allestiti due stand della polizia in cui due persone travestite da poliziotti con costumi di gommapiuma animavano lo spazio regalando acqua, succhi e kit sanitari comprensivi di mascherina. Nel tardo pomeriggio gli stessi agenti con le rose bianche e il fazzoletto blu sono scappati di fronte alla violenza di un piccolo gruppo di manifestanti incappucciati e armati. In un secondo momento è intervenuto un reparto antisommossa che ha però dovuto ritirarsi sotto i colpi del gruppo, lasciando la piazza e il Palazzo Nazionale senza protezione.
Ancora una volta, il fuoco. Il fuoco è stato ancora una volta l’elemento più scenografico della giornata. Dopo l’incendio del Parlamento della settimana scorsa questo sabato si è assistito al rogo di un bus trans-urbano proprio davanti al Palazzo Nazionale. In entrambi i casi, come denunciato dalla Procura dei Diritti Umani e da diversi giornalisti, l’assenza della polizia a protezione degli edifici governativi ha destato domande e dubbi. Gli stessi provocati dall’agire indisturbato di alcuni gruppi violenti tollerati dalle forze dell’ordine. Le fiamme però rischiano di spostare l’attenzione dalle rivendicazioni di una mobilitazione che per il secondo sabato consecutivo ha riempito Plaza de la Constitución e ha chiesto a gran voce la rinuncia di questo governo.
Le responsabilità del governo. Le responsabilità del governo nella gestione dell’ordine pubblico sembrano essere evidenti, i maggiori organismi di tutela dei diritti umani del Paese e della Regione centroamericana si sono pronunciati denunciando gli abusi perpetrati dalle forze dell’ordine contro i manifestanti e le ambiguità nella gestione dei reparti di polizia. L’escalation di violenza ha raggiunto livelli considerevoli così come la delegittimazione da parte del Governo della protesta pacifica e delle istituzioni dello Stato che velano per i diritti umani. Non si esclude che, se non ci sarà un cambio di rotta, le cose possano peggiorare. Lo scontro di piazza, indotto da gruppi infiltrati o meno, da strategie di governo o meno, potrebbe comportare un aumento della militarizzazione della città e del Paese con una conseguente restrizione degli spazi democratici e intensificazione della repressione contro i movimenti sociali. Uno scenario che s’inserirebbe senza incoerenze nelle logiche fin qui palesate dalla presidenza Alejandro Giammattei e dal suo governo.