Victoria come George Floyd. Un femminicidio di stato a Tulum

Pubblicato in Il Manifesto del 04/03/2021

Messico. Donne vittime sia di criminali che della polizia, i dati del Paese restano da brivido. Uso
eccessivo della forza, detenzioni illegali e abusi di genere contro chi protesta: forze di sicurezza
sotto accusa anche da parte di Amnesty. Il 99% dei crimini resta impunito, ma stavolta quattro
agenti municipali sono finiti in carcere

Mentre tutto lo stato di Quintana Roo aspettava linizio della settimana santa e l’arrivo di migliaia di
turisti, l’ultimo weekend del mese in cui si festeggia la Giornata mondiale della donna è stato
segnato da 4 femminicidi, uno per mano della polizia.
Secondo le statistiche Onu in Messico vengono uccise più di 10 donne al giorno. Sabato 27 marzo 4
di loro sono state assassinate nello stato di Quintana Roo, in allerta di genere dal 2017 e dove lo
scorso novembre la polizia di Cancún ha sparato sulla manifestazione che chiedeva giustizia per
Alexis, unaltra vittima di femminicidio.
A ISLA HOLBOX, una donna di 29 anni di Progreso, Yucatán, tassista, identificata come Karla M. e
madre di un bambino, è stata assassinata in modo estremamente violento e ritrovata all’interno del
suo veicolo. Il primo femminicidio registrato nella storia dell’isola. A Cancún una donna è stata
portata in un luogo disabitato, dove è stata uccisa da un colpo d’arma da fuoco alla testa e altri due
al petto. Unaltra giovane donna è stata bruciata, ma la famiglia non ha voluto fornire ulteriori
informazioni.
A Tulum nel pomeriggio di sabato 27, Victoria Salazar, una donna di 36 anni di origine salvadoregna,
madre single di 2 figlie e con un permesso di soggiorno umanitario, si trovava nel centro della città,
dove alcuni testimoni l’hanno vista mentre «provava a chiamare un taxi e fermava tutte le macchine,
guardava sempre dietro di sé come se qualcuno la stesse inseguendo». Alle 18:30 è arrivata la
pattuglia 9276 della polizia municipale, dalla quale sono scesi quattro agenti. Lhanno afferrata,
ammanettata e sbattuta a terra, mettendole un ginocchio sul collo e fratturandole la base del cranio,
provocando la sua morte.
La Commissione nazionale per la prevenzione e leliminazione della violenza contro le donne ha
rilasciato una dichiarazione in cui si chiede che i responsabili siano puniti e la Commissione per i
diritti umani (Cndh) dello stato ha sporto denuncia dufficio contro gli agenti implicati.
Secondo i dati della Cndh statale, dall’inizio di quest’anno sono state effettuate 335 denunce contro
la polizia municipale, la maggior parte delle quali per detenzioni arbitrarie e trattamenti inumani
durante l’arresto. A livello federale, secondo il rapporto di Human Rights Watch del 2021, è normale
che le vittime di crimini violenti e violazioni dei diritti umani non ottengano giustizia dal sistema
giuridico messicano e i dati della ong Impunidad Cero evidenziano che solo l1,3% dei crimini
commessi in Messico viene risolto. Questo è dovuto a vari motivi, tra cui corruzione, mancanza di
formazione e risorse insufficienti, senza considerare la complicità degli agenti e degli avvocati
d’ufficio con criminali e alti funzionari.
Cercando forse di migliorare queste vergognose percentuali, il procuratore generale dello stato di
Quintana Roo ha dichiarato che sarà inflessibile nell’indagine, e di fatto la tempestività con cui è
stato licenziato il capo della polizia di Tulum è da sottolineare. Il giorno stesso i quattro agenti che
hanno ucciso Victoria, tra cui una donna, da lunedì sono reclusi nel carcere di Playa del Carmen con
laccusa di omicidio.
Sicuramente la rinnovata sensibilità con cui negli ultimi tempi vengono affrontati i casi di violenza di
genere nei media nazionali ed internazionali, insieme alle pressioni del governo salvadoregno e alle
parole usate dal presidente messicano nel commentare il caso («Ci riempie di tristezza, dolore e
vergogna») hanno fatto pressione sulla magistratura di Quintana Roo. Anche la reazione dei cittadini
non si è fatta attendere. A Tulum, poche ore dopo lassassinio, centinaia di persone sono scese in
piazza chiedendo giustizia. Le manifestazioni sono poi dilagate nelle principali città della regione
con striscioni e slogan come «Polizia femminicida», «Non un’assassinata in più», «Non è morta, è
stata uccisa» e «La polizia non si prende cura di me, le mie amiche si prendono cura di me». Gli
stessi slogan con cui negli ultimi anni milioni di donne sono scese in piazza in tutto il mondo.


Lincapacità, gli abusi e la violenza fisica, verbale o psicologica degli agenti non sono una novità per
nessuno che abbia avuto lopportunità di relazionarsi con uno di loro. Per quelli che non hanno
provato questa esperienza daremo alcuni dati. I primi sono di Amnesty International, che ha appena
pubblicato un rapporto intitolato Messico: lera delle donne. Stigma e violenza contro le donne che
protestano in cui si legge che «le autorità rispondono alle proteste delle donne e contro la violenza
di genere, con un uso eccessivo e non necessario della forza, con detenzioni illegali e arbitrarie, con
abusi verbali e fisici basati sul genere e violenza sessuale». Lo stesso rapporto sottolinea come sia
costante la pratica di inibire il diritto di riunione pacifica, attraverso «arresti o sequestri preventivi».
Secondo il procuratore generale dello stato «la manovra di sottomissione utilizzata è stata effettuata
in maniera sproporzionata e con un alto rischio per la vita». Ma c’è anche chi dice semplicemente
che «la situazione è sfuggita di mano agli agenti». I dati però restituiscono una realtà
profondamente diversa. È la stessa tecnica che gli agenti di polizia di Minneapolis hanno usato su
George Floyd, causando la sua morte e l’esplosione di rabbia del movimento Black Lives Matters.
Molte forze di polizia hanno vietato questa manovra a causa degli alti rischi per la vita o lhanno
limitata a casi di estrema minaccia verso gli agenti, situazione in cui la polizia ovviamente non si
trovava nei casi di Floyd e di Victoria.
Violenze inutili e immotivate, forse per lincapacità di valutare il rischio secondo le direttive del
Manuale per luso della forza redatto dal Segob (l’equivalente messicano del ministero degli Interni),
a causa della scarsa o nulla formazione in materia di diritti umani della polizia, come dichiarato da
una ex poliziotta municipale di Tulum e come confermano dai dati. In Quintana Roo, il 20% degli
agenti non possiede la Certificazione unica di polizia (Cup), che garantisce la preparazione e la
professionalità necessaria per ricoprire le proprie mansioni; peggio ancora a Tulum: il 54% degli
agenti di polizia ne è privo, malgrado sia un requisito obbligatorio in tutto il territorio nazionale. Si
parla di omicidio colposo, un errore, come se luso sproporzionato della forza da parte della polizia
fosse stato uno sbaglio, il fallimento di alcune mele marce ma ancora una volta, i dati ci danno un
quadro diverso della realtà.
Perché così tante persone (il 70% della popolazione messicana secondo i dati) non si fidano della
polizia? I report internazionali e le cronache nazionali abbondano di casi di violenza perpetrata dalla
polizia e dallesercito. Dipingono un paese in cui la violenza è usata regolarmente e sistematicamente
dallo stato. Secondo i dati del rapporto 2021 di Human Rights Watch, la tortura è ampiamente
utilizzata in Messico per carpire prove o confessioni durante gli interrogatori, malgrado una legge
del 2017 ne impedisca luso durante il processo. Secondo il Cndh le indagini istituzionali sui casi di
tortura sono state 13 nel 2006 per poi passare a più di 7.000 nel 2019. Il Comitato delle Nazioni
unite contro la tortura ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che pochissimi di questi casi si
traducono in procedimenti giudiziari o arresti: dei 3.214 casi di tortura registrati nel 2016 solo 8
hanno portato allarresto e al relativo procedimento penale. Luso della violenza è comune anche
durante larresto: secondo statistiche nazionali, il 64% della popolazione carceraria ha subito
percosse, scosse elettriche e altre forme di tortura al momento dell’arresto.
Sperando che lassassinio di Victoria venga chiarito, c’è da chiedersi cosa sarebbe successo se la
donna fosse stata di pelle chiara o di un paese europeo? Cosa sarebbe successo se negli ultimi anni
le donne non fossero scese in piazza mettendo all’angolo chi governa, costringendolo a dare risposte
rapide ed efficaci alla violenza di genere?

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