Settimana tragica per l’attivismo in Messico: tre omicidi a Guanajuato, Morelos e Zacatecas

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di Alberto Pradilla da Animal Politico

Traduzione di Alice Fanti

Le persone non appaiono morte. Le persone vengono trovate assassinate”. Raúl Ruiz de Colunga, rappresentante del Círculo Diverso de México, parla dell’omicidio di Karla Valentina Camarena, attivista trans ammazzata a colpi di pistola domenica 29 a Guanajuato. In Messico la violenza non è calata nonostante la pandemia da Coronavirus e l’ultima settimana è stata particolarmente tragica per i difensori dei diritti umani.

In soli sette giorni, tre attivisti sono morti in circostanze violente. Il 22 marzo, a El Salvador, Zacatecas, è stato rinvenuto il corpo di Paulina Gómez, “guardiana del territorio sacro di Wirikuta e amica del popolo wixárika”.

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Un giorno dopo, il 23 marzo, a Jiutepec, nello Stato di Morelos, è stato assassinato a colpi di arma da fuoco Isaac Medardo Herrera Avilés, avvocato e difensore del territorio. E il 30 marzo, sempre a colpi d’arma da fuoco, è stato uccisa a Guanajuato Karla Valentina Camarena, che ha dedicato buona parte della sua vita alla lotta per il riconoscimento dell’identità di genere.

Una donna poliedrica

L’omicidio di Karla Camarena è avvenuto mentre usciva da un locale di sua proprietà, conosciuto come “La Valentina”, situato a San Felipe, nello Stato di Guanajuato. La donna è stata raggiunta da un furgone e quindi centrata da colpi di proiettile. Animal Político ha chiesto maggiori dettagli sull’indagine alla Procura Generale di Guanajuato. La risposta è stata che il Procuratore Generale, Carlos Zamarripa, ha affidato a un gruppo speciale dell’Agenzia Investigativa Criminale dello stato il compito di coadiuvare la sezione omicidi nelle indagini sull’assassinio. Secondo fonti vicine alla donna, 15 giorni prima dell’attacco era stata uccisa un’altra collega.

Non ci sono informazioni se si stia applicando o meno una prospettiva di genere nelle indagini.Lo Stato di Guanajuato non riconosce il cambio di identità per le persone trans. Questa è stata una delle più grandi battaglie combattute da Karla nel corso della sua vita. Tre anni fa si è recata con altre 40 persone transessuali a Città del Messico per procedere con il cambio di identità di genere allo scopo di assumerne un’identità concordante fra il suo sesso e il suo genere, come ricorda Raúl Ruiz de Colunga. Dopo il suo omicidio, si è trovata nuovamente di fronte alla mancanza di riconoscimento della sua identità. Secondo quando denunciato da Rubí Suárez Araujo, attivista trans ed ex consigliera del municipio di Guanajuato, la Procura, nel riferire dell’assassinio dell’attivista trans, ha parlato di una “vittima di sesso maschile”.

Lei si è molto spesa sul tema dell’identità di genere e ha lottato per tanti anni, promuovendo un programma chiamato Identità Trans Guanajuato”, dice Súarez Araujo, che ha partecipato tre anni fa a questa iniziativa.

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Era una donna molto impegnata, molto empatica, che ha sempre lottato contro la discriminazione”, riferisce Araujo, che in passato aveva condiviso un appartamento con la vittima. La vita di Valentina è stata poliedrica. Ha fatto la youtuber, è stata un’attivista, un’affiliata del PRI e ha anche lavorato nei locali notturni. “Uno dei suoi grandi progetti era di aiutare le persone “diverse” con problemi famigliari”, spiega Raúl Ruiz de Colunga. A un certo punto cercò anche di costruire un rifugio a Salamanca, Guanajuato. Ma il progetto “si bloccò a metà”. “Sarebbe bello che qualche istituzione lo riprendesse in mano”, ha detto Ruiz de Colunga. Lui stesso sa quanto è difficile la vita a Guanajuato per la comunità LGBTI. Racconta che, alla fine del 2019, ha deciso di abbandonare il Messico insieme al marito e di chiedere asilo in Canada a causa delle estorsioni e del sequestro che avevano subito. Al momento, tutti gli interrogativi sul caso sono ancora aperti. Rubi Araujo insiste: “che questo crimine non resti impunito”.

Dalla legge all’attivismo

Isaac Medardo Herrera Avilés, di 58 anni, è stato ucciso nella sua casa di Jiutepec, nello Stato di Morelos, la notte del 23 marzo, da uomini armati. La vittima era un avvocato e negli ultimi 20 anni aveva condotto processi in difesa del territorio. Ha lasciato una compagna e tre figli. Per molto tempo, Herrera Avilés ha partecipato alla difesa del terreno dei Venados, un fondo di 56 mila ettari con alberi autoctoni, minacciato dalla cementificazione a scopo immobiliare.

Mónica Romero, militante del collettivo di vicinato in difesa del terreno, ricorda che la vittima era approdata al Diritto tardi, dopo i 30 anni. “Sapeva che molte delle situazioni collegate ai processi sociali potevano essere risolte soltanto per vie legali. Per questo ha iniziato, con la volontà di apprendere sempre più cose”, spiega. Da quel momento, è iniziata la sua opera di attivismo, nei tribunali e nelle strade, in difesa delle risorse naturali. Da un lato, per evitare la distruzione di una sorgente e, dall’altro, per proteggere il terreno del Venado. Fino ad oggi, stava avendo successo su entrambi i fronti. Il terreno è di proprietà dell’impresa Casas Ara, che aveva previsto di costruire 400 abitazioni e di tagliare buona parte degli alberi. Stando a quanto spiega Romero, negli ultimi 15 anni, la compagnia ha cercato di stringere accordi con i vari presidenti di municipio. In tutte queste trattative, le opposizioni hanno denunciato la presenza di atti di corruzione.

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Il lavoro di Medardo Avilés, cioè la ricerca nei dossier di spiragli legali con cui bloccare i lavori, era fondamentale. Per un periodo aveva esercitato come perito demaniale e faceva parte di uno studio di avvocati a Cuernavaca. “Era un uomo dai saldi principi, dalle forti convinzioni, come pochi altri” dice Romero, che afferma come la vittima avesse cominciato con l’attivismo a 18 anni, sempre dedito a combattere l’avanzata del cemento. “Quando il PAN ha vinto, qui nello Stato del Morelos, si è impegnato a consegnare il territorio alle imprese” aggiunge. In mancanza di piste su chi possa esserci dietro all’omicidio, Romero fa due considerazioni. La prima è che il modus operandi è uguale a quello utilizzato ad Amilcingo nel febbraio 2019 con Samir Flores, attivista contrario al “Plan Integral Morelos”. In secondo luogo, denuncia il ruolo dei media locali, che sono arrivati a indicare il figlio come presunto autore materiale degli spari. “Non vogliamo questo tipo di disinformazione”, denuncia, segnalando poi come ora gli attivisti abbiano paura di essere le prossime vittime e di come all’aggressione si stiano aggiungendo anche campagne di discredito.

Paulina, in difesa del popolo wirikuta

A questi due omicidi, si aggiunge il ritrovamento, il 22 marzo, del corpo di Paulina Gómez Palacio Escudero, di 50 anni, attivista per la difesa del popolo wirikuta, situato nei territori desertici tra San Luis Potosí e Zacatecas. La Procura Generale dello Stato di Zacatecas ha confermato il ritrovamento del corpo nel municipio di El Salvador Zacatecas. Due giorni prima, era stata fatta denuncia per la scomparsa della donna. Secondo l’autopsia, la vittima è morta a causa di uno sparo, ragion per cui è stato aperto un fascicolo per possibile femminicidio. Un giorno prima, i poliziotti avevano localizzato il veicolo con cui si muoveva Gómez Palacio e vi avevano rinvenuto tracce di sangue. Inoltre, le forze dell’ordine hanno arrestato un uomo che ha cercato di attaccarli con un coltello e che, secondo gli agenti, aveva con sé 20 mila pesos in contanti. La donna era uscita con 23 mila pesos per effettuare dei pagamenti ad alcuni lavoratori. La Procura ha annunciato di stare indagando sull’esistenza di una relazione tra il femminicidio e l’arresto.

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