L’Honduras nell’abisso

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L’Honduras è stato colto dal COVID-19 nel bel mezzo di una crisi dello Stato nel suo complesso. Quali sono le dimensioni di questa crisi? Perché miglia di honduregni scappano dal loro paese? I legami della politica con il crimine organizzato si manifestano nelle forme oligarchiche di esercizio del potere e in un’ampia erosione della democrazia nel paese.

di Daniel Vásquez da Nueva Sociedad

Traduzione di Alice Fanti, Manuela Loi e Daniele Benzi

L’Honduras è uno dei paesi più poveri del continente. Secondo i dati della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), almeno il 40% della sua popolazione vive in condizioni di povertà estrema e il 67,4% di povertà relativa, con una concentrazione particolare nelle aree rurali, dove il 73,5% delle famiglie vive in povertà[1]. In questo contesto di disperazione, la migrazione è  “prima di tutto una lotta per la sopravvivenza”[2] e ciò appare evidente in due importanti crisi migratorie recenti: l’inedita migrazione di migliaia e migliaia di minori non accompagnati nel 2014 e le “carovane di migranti” che intrapresero la loro marcia nella stazione degli autobus di San Pedro Sula nell’ottobre del 2018. Dei 9,9 milioni che costituiscono la popolazione honduregna, circa 945.000 risiedono negli Stati Uniti, circa 90.000 in Spagna e decine di migliaia in Messico. Circa 300.000 honduregni sono fuggiti verso gli Stati Uniti nel 2019[3], in una fase di crescenti misure antimigratorie promosse da Donald Trump e dal governo messicano. In conseguenza di ciò, l’Osservatorio delle Migrazioni Internazionali dell’Honduras ha registrato un aumento delle deportazioni tra il 2018 e il 2019, con il ritorno di 109.185 honduregni tra gennaio e dicembre 2019, espulsi per la gran parte dal Messico (64.649) e dagli USA (40.984), dei quali 24.040 erano bambini[4]. Dinnanzi all’assenza di una politica economica di reinserimento lavorativo, la maggior parte dei rimpatriati cercano di emigrare di nuovo, in alcuni casi fino a dieci volte. Nonostante le difficoltà vissute negli ultimi decenni, le rimesse inviate dai migranti sono il vero ossigeno dell’economia nazionale e equivalgono a tre volte gli investimenti annui del settore privato. Questi numeri sulla migrazione internazionale mostrano l’incapacità dello Stato nel far fronte ai molteplici problemi del paese che includono, oltre ad alti livelli di povertà, la violenza, l’insicurezza, la disoccupazione, la corruzione e l’impunità[5], il conflitto agrario, la crisi ambientale e il tema dei ricongiungimenti famigliari[6].

La violenza estrema occupa un posto centrale nella quotidianità degli honduregni, con un tasso di 41,4 omicidi per ogni mille abitanti nel 2018. Tra il 2004 e il 2018, si sono registrati 71.695 omicidi, con una media di dieci morti violente al giorno[7]. Uno dei settori maggiormente esposti all’infiltrazione del crimine organizzato è quello dei trasporti. A titolo esemplificativo, il 27 febbraio 2020 il vicepresidente dell’Associazione dei Tassisti dell’Honduras, Rony Figueroa, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco di fronte a casa sua. Giorni prima, Figueroa aveva denunciato l’estorsione e la violenza compiute contro la sua associazione e aveva condannato pubblicamente la mancata risposta delle autorità di polizia di fronte alle minacce ricevute da membri della Mara ms-13[8], che riscuotono “la tassa di guerra” nella loro stazione di taxi e che sono arrivati a sequestrare uno dei loro colleghi. Questo non è un caso isolato. Lo scorso 12 marzo, la stampa locale ha riportato che gli abitanti di un quartiere di Tegucigalpa avevano risolto in autonomia il tema dell’insicurezza, bruciando vivo un sicario che aveva ucciso un autista di autobus in pieno giorno. Sui social network sono circolati video espliciti del fatto, una pratica sempre più frequente da parte della stampa e degli utenti di internet. A causa dell’estorsione nelle sue diverse forme, circa 80.000 imprese hanno chiuso i battenti negli ultimi cinque anni[9]. La violenza come forma di risoluzione dei conflitti si manifesta quotidianamente anche con liti coniugali o famigliari, stupri, sequestri e aggressioni[10]. Il quotidiano spagnolo El País ha recentemente riportato la notizia di uno dei tanti flagelli delle famiglie in Honduras: un fallito sequestro finito con la sparizione di un bambino e l’omicidio dei suoi famigliari[11]. Si potrebbero citare infiniti casi, dal momento che l’insicurezza e la violenza estrema sono le sfide più grandi della società honduregna. Secondo il Direttore del Centro di Documentazione Nazionale, gli eterogenei gruppi criminali che operano nel paese centroamericano non potrebbero agire nella misura in cui agiscono senza la complicità dello Stato[12], con la narcopolitica come espressione più emblematica dei vincoli tra Stato e crimine organizzato.

Lo stato come bottino dei vincitori

Da dove deriva l’incapacità dello Stato honduregno di rispondere ai problemi che tormentano un paese segnato dalla povertà, dalle diseguaglianze sociali e dalla violenza? È da secoli che lo Stato viene visto come il bottino per i vincitori e i loro alleati, cosa che spiega in buona parte la sua inefficienza. Il saccheggio dei fondi pubblici per scopi privati e il clientelismo sono problemi costanti. I poveri rappresentano la massa di manodopera dei politici corrotti che agiscono come datori di lavoro verso i loro compagni di partito, la cui unica virtù è quella della lealtà subalterna. Questo panorama si è complicato negli ultimi dieci anni con il coinvolgimento di chi governa e della sua famiglia nel traffico internazionale di droga. Il fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, Juan Orlando Hernández, che è arrivato a gestire lo Stato tramite una presunta frode elettorale, è stato dichiarato colpevole di una quantità enorme di reati che includono anche il traffico di stupefacenti.

La Procura per il Distretto Meridionale di New York ritiene che sia un narcotrafficante su larga scala, collaboratore dal 2004 di gruppi criminali colombiani e messicani nell’importazione di droga negli USA. Secondo l’accusa, Antonio Hernández garantiva il passaggio di stupefacenti con l’appoggio di membri della Polizia Nazionale pesantemente armati, coinvolti anche nell’uccisione di due spacciatori rivali. L’accusa fornisce dettagli su come Hernández riuscì a finanziare le campagne elettorali milionarie del Partito Nazionale dell’Honduras (PNH) nel 2009, 2013 e 2017 grazie al trasporto di circa 200 tonnellate di cocaina verso gli USA e aggiunge che “in quel periodo, Hernández aiutò [Joaquín] Guzmán Loera [El Chapo] in grandi e numerose spedizioni di cocaina[13].

Lo stretto legame tra narcotraffico e politica era stato svelato da tempo, dopo la cattura del figlio dell’ex presidente Porfirio Lobo (2010-2014), del PNH, avvenuta nel 2015 per mano di membri dell’Amministrazione per il Controllo delle Droghe (DEA). Stando alle esplosive dichiarazioni del capo del gruppo di narcotrafficanti Los Cachiros, Fabio Lobo fungeva da facilitatore delle negoziazioni tra la mafia e lo Stato, fatto per il quale è stato condannato a 24 anni di prigione per associazione a delinquere negli Stati Uniti. Los Cachiros hanno dichiarato di aver sovvenzionato campagne elettorali del partito nazionalista (2009 e 2013) in cambio dell’appoggio dell’apparato pubblico. Anche membri di spicco del Partito Liberale sono stati condannati a pene carcerarie per aver prestato servizi commerciali e bancari al crimine organizzato. È il caso della potente famiglia Rosenthal, basata a San Pedro Sula, la capitale economica del paese, i cui membri Yankel Rosenthal, Ministro per gli Investimenti del primo governo di Hernández (2014-2018) e suo cugino Yani Rosenthal, membro del gabinetto di Manuel Zelaya (2006-2009), sono stati condannati rispettivamente e due anni e cinque mesi e a tre anni di carcere per aver favorito il riciclaggio del denaro de Los Cachiros. Tale risultato è stato raggiunto nell’ambito della strategia statunitense di lotta al narcotraffico e, con l’approvazione di Juan Hernández, tra il 2014 e il 2019 sono state ottenute 20 estradizioni[14]. Tra queste, vale la pena menzionare quella dei fratelli Valle-Valle, un potente clan di trafficanti della zona occidentale, e quella di Alexander Ardón, ex sindaco del municipio di El Paraíso, Copán. Secondo gli investigatori di InSight Crime, la mediazione di Antonio Hernández tra i clan Valle-Valle, Ardón e i loro operatori, che avevano costruito un vero impero, fu essenziale per consolidare il flusso della droga.

Sulla base delle testimonianze degli ex comandanti honduregni estradati negli USA, la Procura statunitense cita sottilmente Porfirio Lobo e Juan Hernández come “Co-cospiratore 3 (cc3) e “Co-cospiratore 4 (cc4)” nel traffico di droga[15]. Le dichiarazioni di Ardón hanno rafforzato la tesi del flusso di narcodollari alla politica, soprattutto dopo che ha confessato l’esborso di due milioni di dollari per Lobo nel 2009 e 1,6 milioni per Hernández nel 2013[16]. L’operazione consiste nell’appoggiarsi alla Polizia Nazionale e alle Forze Armate per il trasporto e la custodia della droga, infiltrando gradualmente tutti i livelli dell’amministrazione pubblica. Con la consegna di Ardón e l’arresto di “Tony” Hernández a Miami, la politica delle estradizioni si è rivoltata contro il presidente. Le dichiarazioni degli ex soci-rivali di suo fratello hanno indebolito la già deteriorata relazione del governo con i cittadini. Tra il 2 e il 15 ottobre 2019, Hernández è stato nominato almeno 100 volte dai testimoni del processo contro suo fratello. Il 24 aprile 2020 avrebbe dovuto tenersi la prima udienza contro l’ex ufficiale della Polizia Nazionale e presunto cugino del presidente Hernández, Mauricio Hernández, accusato di traffico di droga dalla Procura per il Distretto Meridionale di New York, udienza poi posticipata a causa della pandemia da COVID-19. Lo scorso 20 febbraio, Mauricio si era proclamato innocente in relazione a tutti i capi di accusa che lo collegano alle attività di “Tony” Hernández[17].

Il legale che rappresenta “Tony” Hernández in Honduras ha dichiarato che l’ex ufficiale Mauricio Hernández non ha alcun grado di parentela con il suo cliente e i suoi famigliari. Da parte sua, il governo honduregno respinge tutte le dichiarazioni dei detenuti negli USA e insiste nel dire che il presidente Hernández si è speso enormemente per la sicurezza nazionale. Le accuse contro «Tony» non implicherebbero né la sua famiglia né lo Stato.

Il presidente honduregno ha dichiarato che i narcotrafficanti cercano vendetta divulgando menzogne infondate. Ciononostante, due eclatanti fatti degli ultimi tempi hanno fatto vacillare il discorso ufficiale sulla buona gestione del governo in materia di sicurezza: lo spietato omicidio in prigione del presunto narcotrafficante Magdaleno Meza nell’ottobre del 2019 e la violenta evasione di Alexander Mendoza il 14 febbraio 2020. Arrestato nel 2018 e accusato dalle autorità honduregne di essere socio dei Valle-Valle, Meza era stato spedito nel carcere di “massima sicurezza” El Pozo 1. Durante il suo arresto, vennero rinvenuti diversi “narcotaccuini” in cui si faceva riferimento a «Tony» e a «JOH» (Juan Orlando Hernández?), fatto che lo ha trasformato in un testimone chiave nel processo contro il fratello del presidente. Meza, che doveva essere estradato nel 2020, è stato selvaggiamente ucciso in prigione. Il giorno stesso dell’omicidio, sono stati divulgati i video della sicurezza in cui si vede come Meza sia stato accoltellato selvaggiamente e raggiunto da numerosi colpi di arma da fuoco, persino quando era già morto. In molti hanno interpretato il suo omicidio come un modo per zittire le voci che danneggiano il Governo[18]. Dall’altro lato, la liberazione del capo della Mara ms-13, “el Porkys” Mendoza, ad opera di un gruppo di 20 persone armate persino con esplosivi e travestite da agenti della Polizia Militare, mette in luce la fragilità delle forze dell’ordine. Come dimostrano le registrazioni delle telecamere del Tribunale in cui si teneva la sua udienza, i criminali sono riusciti a prendersi gioco della sicurezza per poi uccidere quattro ufficiali e liberare il narcotrafficante con un’operazione «da film».

Nonostante tutto, non si sono deteriorate significativamente le relazioni del Presidente con il Dipartimento di Stato degli USA, che supporta ancora il suo scomodo alleato regionale. Le tensioni interne tra il Dipartimento di Stato e il Dipartimento di Giustizia sul tema dell’Honduras sono visibili. Il governo del PNH ha cercato di migliorare la propria reputazione e ha sottomesso la sua politica estera alle linee di Donald Trump, spostando a Gerusalemme l’Ambasciata honduregna in Israele e includendo Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche. Tuttavia negli USA, che tra il 2016 e il 2017 hanno investito 200 milioni di dollari per la politica di sicurezza honduregna[19], esistono istanze provenienti soprattutto dalla Camera dei Rappresentanti, che chiedono allo Stato honduregno trasparenza sulle sue finanze pubbliche.

Completamente agli antipodi rispetto alle aspettative nazionali e straniere, i governi honduregni si sono caratterizzati per considerare lo Stato come un bottino dei vincitori. Nel 2015, il lavoro di giornalisti locali ha permesso di svelare i vincoli tra l’appropriazione indebita dell’Istituto Honduregno di Previdenza Sociale (IHSS) e il finanziamento della campagna elettorale del 2013 del PNH. L’antico e immutabile costume politico di considerare la funzione pubblica come un mezzo per sottrarre fondi allo Stato è stato fortemente condannato dalla cittadinanza[20]. L’azione collettiva, tradottasi in massicce “fiaccolate”, ha torto il braccio del governo e lo ha costretto a creare una Missione di Appoggio contro la Corruzione e l’Impunità in Honduras (MACCIH), promossa dall’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e simile alla Commissione Internazionale contro l’Impunità in Guatemala (CICIG), anche se con maggiori limitazioni.

Dal momento che non si è ottenuto di attribuire alla MACCIH tutti i poteri della CICIG, i partiti politici di opposizione l’hanno criticata sin dalla sua fondazione nel 2016. La MACCIH è stata anche oggetto di pressioni da parte del partito di maggioranza, fatto che ha portato al suo smantellamento totale nel 2020. La principale sfida della MACCIH era rafforzare le fragili e instabili istituzioni nazionali, dare conto sulle reti di corruzione esistenti e proporre soluzioni per rendere trasparente la gestione degli affari pubblici. I 12 casi presentanti dalla squadra di indagine hanno permesso, per la prima volta, di processare alti funzionari pubblici tra i quali la ex first lady Rosa Elena Bonilla de Lobo[21], e hanno fatto acquisire alla MACCIH maggiore credibilità rispetto agli stessi partiti politici e alle istituzioni nazionali[22]. Tra le raccomandazioni avanzate dalla MACCIH, spicca la necessità di promuovere riforme politico-elettorali integrate, tra cui la Ley de Política Limpia (Legge della Politica Pulita, NdT), volta a rendere trasparenti le campagne elettorali. I deputati hanno modificato sostanzialmente la proposta originale e nel 2016 hanno approvato una legge che di fatto complica l’implementazione di politiche di trasparenza elettorale. Stando a quanto affermano i ricercatori del Centro Studi per la Democrazia, in Honduras esiste uno scambio di favori tra reti di corruzione pubblico-private, rinvigorito soprattutto nel periodo elettorale, che consiste nell’investire nella politica per ottenere poi “contratti di concessione che generano enormi fortune e che, allo stesso tempo (…) rappresentano il miglior canale per lavare denaro sporco e i proventi del narcotraffico e del crimine organizzato”[23]. Invece di realizzare riforme effettive per ribaltare questa tendenza, i deputati del Congresso Nazionale hanno approvato, il 18 ottobre scorso, il famoso “fondo dipartimentale” che permette loro di approfittare a piacimento dei fondi pubblici per alimentare le proprie reti clientelari. Il colmo è che si potranno realizzare revisioni contabili su questi fondi solo una volta che i deputati abbiano terminato il loro mandato. Lontani dalle preoccupazioni della popolazione, nel 2019 i legislatori si sono concentrati essenzialmente sul ripartirsi, a porte chiuse, i nuovi organi elettorali[24].

Il difficile apprendimento della democrazia honduregna

Dopo i tentativi democratici della metà del secolo scorso (1948-1963) e un periodo di dittature militari, sia conservatrici che riformiste, l’Honduras ha esperimento senza interruzioni, tra il 1980 e il 2006, sei processi elettorali, quattro dei quali hanno portato alla vittoria del Partito Liberale. Quest’ultimo si è parzialmente disintegrato con il colpo di stato del 2009 realizzato contro il “populista refundador[25] Manuel Zelaya che pretendeva dallo stesso PLH di egemonizzare il panorama politico attraverso un’Assemblea Nazionale Costituente, iniziativa che venne bloccata da membri del suo partito con l’appoggio delle Forze Armate, settori imprenditoriali, mediatici, religiosi e da poteri dello Stato. Dopo decenni di accordi e negoziazioni con il PNH, in uno dei sistemi bipartitici più duraturi del continente, il contingente liberale ha ottenuto il primato sul suo rivale nelle istituzioni statali. Con un decennio di governi del PNH, Hernández ha ottenuto ciò che per molti era l’obiettivo di Zelaya: approvare la sua illegale rielezione nel 2017 e accaparrarsi i poteri dello Stato.

Porfirio Lobo (2010-2014) aveva dedicato il suo mandato alla reintegrazione dell’Honduras nel panorama internazionale dopo il colpo di Stato e, in quel contesto, arrivò a un accordo con il deposto presidente Zelaya, il cosiddetto Accordo di Cartagena. Il patto sciolse le tensioni nate con il golpe attraverso un processo di doppia legittimazione: il governo di “riconciliazione nazionale” guidato dal PNH sarebbe stato riconosciuto a livello nazionale e internazionale, sempre e quando Zelaya avesse beneficiato dell’apertura necessaria a fondare un nuovo partito politico. Grazie all’accordo, l’Honduras fu reintegrato nella OEA e Zelaya diede vita al suo personalistico strumento politico, il Partito Libertà e Rifondazione, conosciuto come Libre (Libero, NdT). Le negoziazioni lasciarono del tutto impuniti i responsabili del colpo di stato, che sistematicamente avevano violato i diritti umani, ma anche la malversazione del fondo Petrocaribe e la fallimentare consultazione popolare del 2009, svoltasi sotto il governo di Zelaya. Con l’inclusione nel gioco dell’ex presidente, la scacchiera politica honduregna ritrova, a partire dalle elezioni del 2014, il vecchio schema bipartitico, ad oggi quadripartito. I principali avversari del partito di maggioranza sono Libre, seconda forza che si divide il voto con il PLH, e il famoso presentatore televisivo Salvador Nasralla che a tutt’oggi non ha ancora registrato il suo nuovo partito Salvador de Honduras (Salvatore dell’Honduras, NdT).

Potendo contare sull’appoggio dei militari, di un partito verticista e di un organizzato esercito di riserve legate da vincoli clientelari, Hernández è riuscito a sconfiggere i suoi avversari per due volte consecutive (2013 e 2017), attraverso processi elettorali colmi di irregolarità e brogli. La strumentalizzazione degli organi elettorali, le denunce di manipolazioni elettroniche nei conteggi e di compravendita di voti e il clientelismo[26] sono elementi persistenti nella cultura politica honduregna, perfezionati dal PNH nelle ultime elezioni. Le raccomandazioni lasciate dalle missioni di osservazione elettorale della OEA e dell’Unione Europea sono state in grande parte ignorate, fatto che alimenta la costante sfiducia della popolazione nei confronti delle istituzioni. Al contrario, Hernández ha ridato all’esercito un ruolo decisionale, imponendo come cavallo di Troia la guardia pretoriana del suo regime, la Polizia Militare per l’Ordine Pubblico (PMOP) e la Truppa di Intelligence e Gruppi di Risposta Speciale per la Sicurezza (TIGRE). Sicuramente, il carattere militare e di polizia è stato il tratto distintivo delle proposte programmatiche del PNH, attore storicamente alleato delle forze armate. Inoltre, Hernández è riuscito a nominare i magistrati della Corte Suprema di Giustizia, il Pubblico Ministero e il Procuratore Generale della Repubblica. I presidenti del potere legislativo e di quello giudiziario, i Ministri della Sicurezza e della Difesa, la Polizia e lo Stato maggiore dell’Esercito gli sono del tutto leali. In un tale quadro di accumulazione di potere, è possibile che il presidente ignori la partecipazione di suo fratello alle reti internazionali del crimine organizzato?

In questo contesto, fedele alla tradizione dei leader politici tradizionali, l’ex presidente Zelaya ha cercato accordi di alto livello con il partito di governo per ottenere spazi elettorali per i suoi più vicini luogotenenti. Con la tipica autorità da leader rurale vecchio stile, che all’improvviso si è convertito allo stile “chavista[27], ha rifiutato l’idea di appoggiare un’ampia coalizione politica per chiedere nelle strade le dimissioni di Hernández e preferisce aspettare pazientemente le prossime elezioni presidenziali del 2021[28]. Secondo un collettivo di studiosi della realtà nazionale della rivista Envío-Honduras, l’accordo tra le cupole del PNH e di Libre nel Congresso Nazionale, che ha permesso a quest’ultimo raggruppamento di ottenere una rappresentanza nei nuovi organi elettorali, è la principale “valvola di ossigeno” del regime orlandista[29] (di Juan Orlando Hernández, NdT). Mauricio Oliva, attuale presidente del Congresso Nazionale e pre-candidato presidenziale per il PNH alle elezioni del 2021, non ha esitato a congratularsi per essere arrivati a un accordo con Zelaya. Di fatto, come fece notare più di 50 anni fa un importante studioso della politica centroamericana, il processo politico di questa regione è fondamentalmente un gioco di “manipolazione e negoziazione tra concorrenti per il potere – le cui risorse costituiscono l’oggetto di apprezzamento e riconoscimento reciproco – che implica il raggiungimento di un accordo negoziato al alto livello”[30]. Ciononostante, buona parte della cittadinanza sembra non identificarsi con i tradizionali “concorrenti per il potere”[31] e iniziative come la più recente Piattaforma di Lotta per la Salute e l’Educazione, guidata dalla presidentessa dell’Ordine dei Medici, Suyapa Figueroa, sono spesso percepite come legittime alternative in difesa dei servizi pubblici e importanti per riattivare il movimento di opposizione al regime autoritario di Hernández.

Figueroa ha guidato le marce di maestri, medici, studenti e di altri settori sociali e l’occupazione di assi viari del paese nel corso del 2019, denunciando le derive neoliberali del governo in materia di salute e educazione, pretendendo garanzie su diritti universali “senza restrizioni, di qualità, ma soprattutto con calore umano”[32]. Il fallimento del neoliberismo in Honduras è sotto gli occhi di tutti e il decadimento delle strutture sanitarie ed educative ne sono la massima espressione. La cittadinanza è abbandonata a sé stessa di fronte all’esplosione di epidemie e pandemie. La recente crisi della dengue ha messo a dura prova il modello sanitario – il 2019 si è chiuso con 180 decessi, dei quali il 58% di minori di 15 anni[33]. Con quasi 2.000 casi di COVID-19 confermati, molti medici ritengono che a oggi il governo non abbia preso misure preventive adeguate ed esistono testimonianze secondo le quali si starebbero cercando terreni per creare fosse comuni. Nell’assenza generalizzata di presidi sanitari di base e di misure di biosicurezza per il personale ospedaliero, con un’ampia economia informale e con la maggioranza della popolazione che vive alla giornata, il quadro generale honduregno non è affatto confortante.

Come altri paesi del mondo, l’Honduras sta affrontando la terribile pandemia causata dal Coronavirus, ma lo fa all’interno di una crisi dello Stato nel suo complesso. Il paese è guidato da un leader politico legato al narcotraffico che si appoggia ai militari per restare al potere, un presidente impopolare che dirige uno Stato militarizzato e incompetente. L’Honduras non può contare su una leadership credibile per far fronte alla crisi sanitaria. Le risposte statali, autoritarie e improvvisate, e la distribuzione clientelare degli alimenti sono prove evidenti della crisi statale. I giorni del Coronavirus rappresentano una sfida su grande scala per l’impoverita nazione honduregna.

[1] Cit. in Rolando Sierra Fonseca: «Honduras: del golpe de Estado de 2009 a la crisis continuada» in Análisis Carolina N. 16, 8/2019, pag. 7.

[2] Ibidem, pag. 10.

[3] Forum UNAHMOS: «Entrevista a Ricardo Puerta y César Castillo. Migración, causas y consecuencias» in Presencia Universitaria, 13/2/2020.

[4] Bollettino Informativo dell’Osservatorio delle Migrazioni Internazionali in Honduras vol. 1 No 2, 1/2020.

[5] Gilles Bataillon: « Amérique centrale: violences et pseudo-démocraties (1987-2018) » in Hérodote vol. 171 No 4, 2018, pag. 75.

[6] R. Sierra Fonseca: ob. cit.

[7] Istituto Universitario in Democrazia, Pace e Sicurezza: Bollettino del Osservatorio della Violenza N. 52, 1-12/2018, pag. 2.

[8] La Mara Salvatrucha (comunemente abbreviato in MS, Mara o MS-13) è un’organizzazione transnazionale di bande criminali associate, nata a Los Angeles e successivamente diffusasi in altre parti degli Stati Uniti, in Canada, in Messico, in Guatemala, El Salvador, Honduras, in Spagna e in Italia.

[9] Marvin Barahona: «Múltiples crisis y una visita suspicaz» en Envío-Honduras vol. 17 No 59, 9/2019, pag. 17.

[10] G. Bataillon: ob. cit., p. 69.

[11] Jacobo García: «El pequeño Enoc o la maldición de Honduras» su El País, 26/01/2020.

[12] Víctor Meza, Edmundo Orellana, Leticia Salmón, Thelma Mejía e Félix Molina «La militarizzazione della sicurezza pubblica in Honduras», Centro di Documentazione dell’Honduras, Tegucigalpa, 2015.

[13] Dipartmento di Giustiza: «Former Honduran Congressman Tony Hernández Convicted in Manhattan Federal Court of Conspiring to Import Cocaine into the United States and Related Firearms and False-Statements Offenses», Procura per il Distretto Meridionale di New York, 18/10/2019.

[14] Parker Asmann: «Denuncias criminales descorren fachada antinarcos del presidente de Honduras» su Insight Crime, 03/09/2019.

[15] Steven Dudley: «Cómo un exalcalde podría tumbar al presidente de Honduras» su Insight Crime, 27/08/2019.

[16]  Emily Palmer e Elisabeth Malkin: «Honduran President’s Brother Is Found Guilty of Drug Trafficking» su The New York Times, 18/10/2019.

[17] Dipartmento di Giustizia: «Former Honduran National Police Officer Charged with Conspiring to Import Cocaine into The United States and Related Firearms Offenses», Procura per il Distretto Meridionale di New York, 04/09/2019.

[18] Ismael Moreno: «Una coyuntura tormentosa e incierta: ¿cuál es el camino a seguir?» su Envío-Honduras vol. 17 No 60, 11/2019, pag. 9.

[19] Héctor Silva Ávalos e Parker Asmann: «Cuatro conclusiones del juicio de EEUU contra el hermano del presidente de Honduras» su InSight Crime, 24/10/2019.

[20] G. Bataillon: ob. cit., pag. 80.

[21] Il Consiglio Nazionale Anticorruzione ha annunciato il 13 marzo 2020 la decisione dei giudizi della Corte Suprema di Giustizia di celebrare un nuovo processo per il caso “Caja Chica de la Dama” (“Piccole spese della first lady”, NdT), annullando così la condanna a 58 anni che Bonilla de Lobo aveva ricevuto per frode e appropriazione indebita.

[22] Center for Latin American & Latino Studies: «El Monitor de MACCIH, Edición Especial», CLALS Working Papers Series, American University, Washington, dc, 9/1/2019, pagg. 3-4.

[23] Gustavo Irías: «La ley de política limpia, una evidencia del boicot de la élite hondureña a reformas electorales sustanciales», Centro de Estudio para la Democracia, Tegucigalpa, 6/2017, pagg. 13-14.

[24] M. Barahona: ob. cit., p. 18.

[25] A suo modo, Zelaya può essere rappresentanto nei termini proposti da Carlos De la Torre: «Los populismos refundadores» (“I populismi rifondatori” NdT), su Nueva Sociedad Nº 267, 1-2/2017, disponibile su http://www.nuso.org.

[26] Mario Posas: «Avances y retrocesos de la democracia electoral en Honduras (1979-2019)», lavoro presentato alla conferenza internazionale «América Central 1979-2019. De la revolución sandinista a la caravana de migrantes», Centro di Studi Messicani e Centroamericani, Città del Messico, 06/11/2019.

[27] Peter Peetz: «¿De hacendado a revolucionario? Mel Zelaya y el giro hacia la izquierda del gobierno hondureño» su Iberoamericana vol. 9 No 33, 2009.

[28] Milton Benítez: «Entrevista con Manuel Zelaya: Salida del Narco Dictador: ¿negociada o luchada?» su El Perro Amarillo, Facebook Live, 10/04/2019.

[29] Envío-Honduras Nº 45/60, disponibile su http://guaymuras.hn/endistribucionlibro.php?idweb=1

[30]  Charles W. Anderson: Politics and Economic Change in Latin America: The Governing of Restless Nations, Van Nostrand Reinhold, New York, 1967, cit. in G. Bataillon: Genèse des guerres internes en Amérique Centrale (1960-1983), Les Belles Lettres, Parigi, 2003, pag. 63.

[31] Gruppo di Riflessione, Ricerca e Comunicazione, Compagnia di Gesù: «Percepciones sobre la situación hondureña en el año 2018. Sondeo de opinión pública. Novena edición» su Boletín aprile 2019, Radio Progreso, 4/2019, pag. 12.

[32] S. Figueroa: «La relación médico paciente» su Revista Médica Hondureña vol. 87 Nº 1, 1-3/2019, pag. 6.

[33] Organizzazione Panamericana di Sanità: «Actualización epidemiológica: dengue», OPS/OMS, 07/02/2020, pag. 9.

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