“No soltar la calle”. Intervista a Natalie Arriagada, candidata alla costituente cilena per i movimenti per il diritto all’abitare

Di Alessandro Peregalli e Susanna De Guio

Operatrice sociale di 33 anni, madre single, militante di lunga data del comitato di Maipú, municipio periferico di Santiago, del Movimiento de Pobladoras y Pobladores Vivienda Digna, un’organizzazione che porta avanti lotte per il diritto all’abitare, Natalie Arriagada Acosta è candidata al suffragio per la Convenzione Costituzionale del prossimo 11 aprile in Cile. Si presenta nel distretto 8 per la lista “Indipendenti e Movimenti Sociali dell’Apruebo”, una delle tante reti di movimenti e sindacati di base sorte negli ultimi mesi per portare le istanze sociali ad essere protagoniste della difficile transizione costituente. Il suo obiettivo dichiarato è no soltar la calle, cioè non abbandonare le piazze, ma portarle, attraverso una mobilitazione permanente, a affiancare, condizionare e incidere dal basso su tutto il processo di scrittura della nuova costituzione. Un processo che, non a caso, si debe solo alla tenacia, al coraggio, alla predisposizione alla lotta di un popolo che da più di un anno è in stato di vera e propria insurrezione, pagando oltretutto un costo umano altissimo, con più di 30 manifestanti uccisi dai Carabineros, centinaia di feriti, spesso con perdita degli occhi, e migliaia di prigionieri politici. Un processo che però è riuscito a creare una frattura profonda e irreversibile nel sistema di democrazia sequestrata e di neoliberismo radicale di cui il Cile è modello in tutto il mondo. Un processo che, infine, è comunque reso difficile da un’elite che non ha intenzione di concedere facilmente diritti sociali rivendicati da decenni, e che ha posto, attraverso l’Accordo per la Pace e la Giustizia Sociale del 15 novembre 2019 (firmato anche da partiti dell’opposizione e della coalizione di sinistra Frente Amplio), duri ostacoli alla scrittura di una nuova costituzione, come il principio dei ⅔ per approvare gli articoli, che darà potere di veto alla classe politica (ed economica) e il divieto di ridiscutere gli accordi intenazionali, tra cui una trentina di trattati di libero scambio. Limiti che solo una forte lotta popolare, insieme a una maggioranza nella Convenzione Costituzionale, potrà sperare di rompere e superare.

Dicci due parole sul suo movimento “Movimiento de pobladoras y pobladores Vivienda Digna”.

I bassi salari, l’alto indebitamento delle famiglie e il saccheggio immobiliare del suolo hanno prodotto nel nostro paese, come in molti altri, un alto deficit di alloggi e città profondamente segregate, con aree di primo mondo per i ricchi e ghetti per gli altri.

La nostra organizzazione esiste per lottare per le nostre figlie, per i nostri anziani, per le nostre famiglie, per rivendicare il diritto a un alloggio dignitoso e a una città giusta per tutti coloro che la città la vivono e costruiscono ogni giorno, le lavoratrici e i lavoratori del nostro paese.

Come è nata la decisione di candidarti?

L’anno scorso, dopo averne discusso nelle nostre assemblee, abbiamo deciso di appoggiare l’opzione dell’Approvo – Convenzione Costituzionale e allo stesso tempo di mettere sul tavolo la nostra richiesta di Abitazioni Degne e di Città Giusta. È stata la prima volta nella nostra storia che abbiamo scelto di intervenire in un processo elettorale, ma la decisione non è stata così difficile da prendere poiché siamo stati parte attiva delle lotte che sono riuscite ad aprire questo momento costituente.

Dopo la schiacciante vittoria nel plebiscito di ottobre, la nostra organizzazione ha discusso ancora una volta i passi da seguire. In quel momento eravamo d’accordo sulla necessità di mantenere una voce dei quartieri periferici nel dibattito, di promuovere l’unità, soprattutto programmatica, tra le forze sociali indipendenti dai partiti dell’ordine, e di tenere alta la lotta per non delegare il processo agli stessi di sempre. Su questa base, la nostra organizzazione ha deciso di proporre una candidatura propria, che oggi affronta le elezioni insieme ad altri movimenti sociali come il Collegio dei Docenti, la lotta per l’acqua pubblica, il movimento NO+AFP (un movimento contro l’oligopolio di fondi di pensione privati, che ha in mano le pensioni di tutti i lavoratori cileni, NdT), e altri.

Quali sono gli obiettivi centrali che una nuova costituzione dovrebbe raggiungere?

Penso che si possano riassumere in due assi centrali.

Da un lato, vogliamo una costituzione che ponga le basi per superare il regime neoliberale che stiamo subendo da quattro decenni. Una nuova costituzione che sancisca un sistema economico basato sulla collaborazione e la solidarietà, che dia priorità al bene comune e all’interesse sociale, che permetta allo Stato di svolgere tutte le attività economiche che servono a questi obiettivi e che protegga le nostre risorse naturali per le generazioni presenti e future.

E d’altra parte, vogliamo una costituzione pienamente democratica, libera da veti, da caste e dalla tutela pinochetista. Vogliamo una costituzione che promuova attivamente l’esercizio della sovranità popolare, che permetta le iniziative popolari di legge e la revoca dei mandati. Una costituzione che riduca la concentrazione del potere e promuova un effettivo decentramento territoriale, che riconosca e incorpori i processi democratici locali, valorizzi e rispetti la diversità e la pluralità culturale dei nostri popoli. Una Costituzione che garantisca e promuova uguale dignità e uguali diritti a tutte le persone, dall’infanzia alla vecchiaia, che salvaguardi l’autonomia sui nostri corpi e sulle nostre identità, che assicuri la piena uguaglianza di uomini e donne nella vita pubblica e privata e il pieno godimento di una vita libera dalla violenza patriarcale, coloniale o di qualsiasi altro tipo.

Quale sarà la vostra strategia per raggiungere questi obiettivi, come porterete avanti la mobilitazione sociale in tempo di costituente? E come immagini la dialettica tra le mobilitazioni di piazza e la politica istituzionale, soprattutto considerando le trappole dell’Accordo del 15 novembre?

Affinché questi principi siano effettivamente inclusi nella nuova costituzione, è essenziale che il popolo rimanga attento, vigile e organizzato intorno al processo costituente. Dobbiamo essere capaci di portare la deliberazione fuori dalle sale di riunione fino ai territori, di denunciare i tentativi di minare il processo e di mobilitarci quando è necessario. Il processo istituzionale è una possibilità per terminare questa lunga transizione che abbiamo vissuto, ma non è una chiusura della lotta popolare. Al contrario, apre un periodo di riconfigurazione in cui avremo bisogno più che mai dell’unità e della capacità di lotta dei movimenti sociali.

Sembra che a marzo organizzerete un “viviendazo”, di cosa si tratta?

Non tutto è processo costituente. In Cile, la crisi scatenata dalla pandemia è stata pagata da noi lavoratori e lavoratrici, con i nostri risparmi pensionistici e i nostri rimborsi per licenziamento.

Uno dei fattori più gravi della crisi è relativo agli alloggi. In primo luogo, perché solo ora i ricchi hanno scoperto che noi poveri viviamo in condizioni di sovraffollamento, lontano dai nostri luoghi di lavoro precari e con reti di assistenza fragili o inesistenti e, quindi, le misure sanitarie come la quarantena o il distanziamento sociale sono francamente ridicole per la grande maggioranza della popolazione.

In secondo luogo, perché la crisi ha spinto che lavorano nella povertà un numero enorme di lavoratori e lavoratrici, il che ha un impatto diretto sulla voce più costosa dei nostri bilanci familiari, cioè la casa. I prezzi degli affitti sono incontrollabili e i mutui inaccessibili in un paese dove la metà dei lavoratori guadagna meno dell’equivalente di 450 euro al mese. La politica di edilizia sociale del governo è come prosciugare il mare con un secchio e per di più, data l’assoluta mancanza di strumenti di gestione del territorio, ora hanno deciso addirittura di elargire sovvenzioni direttamente ai progetti immobiliari privati, proprio come fa il modello neoliberale in istruzione o sanità.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il numero di persone che vivono nelle baraccopoli è salito alle stelle. Così come gli accampamenti o le occupazioni di terre, dove sempre più famiglie sono costrette a vivere senza accesso all’acqua potabile o ai servizi igienici di base.

Il “viviendazo” cercherà di gettare luce evidenza sull’importanza critica di questa realtà, che alla fin fine è un’ulteriore espressione della privatizzazione della crisi.

Uno dei problemi che si pone è la dispersione delle liste presentate dall’opposizione e dalla sinistra in generale, soprattutto perché la legge elettorale tradizionalmente favorisce i grandi partiti: pensa che avere più liste di sinistra possa essere un elemento positivo (aumentare la partecipazione) o negativo (rafforzare la destra o l’ex Concertación)?

La pluralità di alternative per il superamento del regime neoliberale è proprio una chiara espressione della totale illegittimità del sistema politico e in particolare dei partiti. È un ulteriore sintomo dell’esaurimento del tipo di democrazia che fu negoziato con la dittatura di Pinochet.

Se questa realtà favorisca o meno una forza o un’altra, nessuno può prevederlo con certezza in questo momento. Ma se il plebiscito di ottobre ha chiarito una cosa, è che quando la nostra gente sente che in una votazione è in gioco la politica e non solo l’elezione dell’amministratore in carica, va a votare in massa. Siamo convinti che in aprile supereremo ancora una volta la partecipazione che si è avuta nel plebiscito e non c’è dubbio che in un modo o nell’altro lo schiacciante 80% dell’Approvo si esprimerà a favore delle forze del cambiamento.

Come immagini che possa funzionare l’organo costituente? Cos’è necessario porre nel regolamento?

Il nostro interesse principale è che il popolo sia il vero protagonista del processo costituente. Per questo, è essenziale che la Convenzione definisca meccanismi di funzionamento che promuovano la partecipazione popolare, adattandosi al contesto sanitario in cui ci troviamo. Per nessuna ragione accetteremo che la Convenzione funzioni come l’attuale Congresso, in cui dopo l’elezione nessuno ha più notizie dei candidati eletti. I suoi tempi e la sua forma devono rispettare la deliberazione popolare, la costruzione del consenso e la responsabilità. La Convenzione, le sue segreterie e le sue commissioni devono funzionare in modo pubblico, trasmettendo e diffondendo le delibere e gli accordi nella loro interezza attraverso un’adeguata piattaforma digitale, salvaguardando spazi e tempi di dibattito nei territori.

Dici che una delle tue priorità è lottare per la “partecipazione e la deliberazione delle donne popolari”; quali orientamenti concreti porteresti alla Convenzione a questo proposito?

Seguendo l’idea precedente, affinché la Convenzione esprima effettivamente la sovranità popolare e non finisca per essere un congresso di uomini bianchi come è stato nel corso della storia, dobbiamo essere in grado di assicurare le condizioni materiali minime affinché tutte e tutti noi possiamo partecipare. In questo modo, la Convenzione non dovrebbe solo rendere pubbliche alcune pagine web, ma dovrebbe promuovere attivamente degli orientamenti formativi prima dei dibattiti, garantire che alcune tappe del suo itinerario includano delle vacanze lavorative e, soprattutto, fare in modo che nessuno sia lasciato fuori perché sta facendo un lavoro di cura.

Cosa significa aver raggiunto la parità di genere nella convenzione costituente e cosa implica concretamente?

La parità di genere è un’altra conquista nella lotta secolare delle donne per il loro pieno riconoscimento come esseri umani. Rappresenta la correzione formale di un’ingiustizia materiale molto concreta che impone determinati ruoli e funzioni alle donne, escludendole dal processo decisionale e dalla vita pubblica.

Per quanto riguarda la convenzione costituente, la parità obbliga che le liste siano integrate in proporzioni uguali di uomini e donne e assicura anche che il risultato dell’integrazione dopo il conteggio dei voti sia altrettanto equo.

Tuttavia, la parità rimane una risposta formale. La partecipazione popolare e, in particolare, la partecipazione delle donne lavoratrici alla vita pubblica del paese è ancora lontana dall’essere garantita.

Ci sono componenti del movimento femminista che criticano la partecipazione alla Convenzione Costituente? Qual è la relazione o il dialogo con questi settori?

Non lo so. Ma credo di no. Il femminismo è un pilastro centrale di tutte le alternative al neoliberismo che vengono proposte in questo processo. E non solo è presente nei programmi ma, ovviamente, in praticamente tutte le liste di indipendenti e movimenti sociali ci sono candidature di compagne che provengono da spazi femministi o che promuovono il femminismo nelle loro organizzazioni, e la nostra non fa eccezione.

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