
Lo scorso 5 giugno, l’indigenista brasiliano Bruno Pereira e il giornalista britannico e collaboratore del The Guardian Dom Phillips sono scomparsi nella terra indigena della Valle del Javari, nello stato brasiliano di Amazonas e vicino alla triplice frontiera con Perù e Colombia. Dopo 10 giorni di ricerca, un sospetto, pescatore illegale che in passato si era reso protagonista di minacce di morte a Pereira, ha confessato di aver assassinato i due. Nei giorni successivi altre due persone hanno confessato di aver partecipato all’omicidio, e i corpi sono stati ritrovati interrati, squarciati, da una squadra di ricercatori indigeni. Si sospetta che dietro i pescatori illegali ci siano mandanti più potenti, forse addirittura vincolati al traffico di droga, ma la Polizia Federale ha rinunciato a indagare in tal senso. Dom Phillips viveva da tempo in Brasile e lavorava a un reportage sull’Amazzonia, mentre Bruno Pereira aveva lavorato fino al 2019 nella fondazione federale dedicata alla protezione dei popoli indigeni FUNAI. In seguito all’elezione di Bolsonaro e alla sua politica di distruzione della FUNAI, Bruno era stato licenziato dopo un’operazione in cui aveva dato fuoco a barche di pescatori che pescavano illegalmente all’interno di una terra indigena. Da allora, continuava ad appoggiare i popoli indigeni della zona in maniera indipendente, soprattutto per quanto riguarda il rafforzamento di strutture di autodifesa del territorio contro le invasioni di pescatori e garimpeiros (cercatori illegali di minerali e pietre preziose). Ieri, 24 giugno, è avvenuto il suo funerale, a cui hanno partecipato delegazioni indigene da varie zone del Brasile. Qui di seguito riportiamo la lettera che gli ha dedicato l’Osservatorio dei Diritti Umani dei Popoli Indigeni Isolati e di Recente Contatto (OPI) [Alessandro Peregalli].
Addio Bruno, seguiremo i tuoi sogni e le tue lotte per sempre
Nota di tristezza e rabbia dell’Osservatorio dei Diritti Umani dei Popoli Indigeni Isolati e di Recente Contatto – OPI
Noi, attivisti dell’Osservatorio dei Diritti Umani dei Popoli Indigeni Isolati e di Recente Contatto, seppelliamo oggi Bruno, il nostro fratello maggiore. Oggi la terra dove è nato lo accoglie, il suo corpo ritrova l’argilla, le radici delle piante, l’acqua e il calore del suolo. Il suo corpo porta il profumo salato del mare e l’aroma denso della foresta che ha difeso fino a quando i distruttori della foresta lo hanno ucciso a tradimento. I nostri occhi mescolano lacrime di profonda tristezza e di intensa rivolta. Hanno ammazzato Bruno e il suo amico Dom sulle rive del fiume Itacoaí, una domenica mattina di fine inverno, quando lui tornava da una periodo di permanenza con i suoi migliori amici, con i suoi migliori maestri, con i quali aveva imparato a intonare le canzoni della festa.
Sull’Itacoaí, quando Bruno e Dom sono stati uccisi, i frutti della munguba [albero tropicale, NdT] punteggiavano le rive del fiume con il loro colore di urucum [frutto tropicale di colore rosso acceso, NdT]. Come il cacao magenta, i frutti si aprivano improvvisamente e spargevano piccoli punti di cotone bianco nell’igapó [vegetazione tipica della foresta amazzonica brasiliana, NdT]. Fluttuavano lentamente nell’aria e cadevano sulla superficie dell’acqua, formando costellazioni. I batuffoli di cotone sono semi, generano la vita. Da un frutto che si apre, centinaia, migliaia, milioni di semi cotonati si diffondono nel mondo dell’igapó e oltre. Il mondo è un igapó e Bruno è un frutto munguba che si è diffuso tutt’intorno.
Con gli indigeni della vale del Javari, Bruno si è strofinato l’urucum sul corpo per apparire più bello alla luce del sole e della luna. Con loro ha arrostito i pesci matrinxã nelle griglie del villaggio, si è rallegrato dell’arrivo dei tapiri catturati dai bravi cacciatori, ha riso allegramente e ha provato il piacere dell’abbondanza e della danza. Con i suoi amici indigeni ha fatto il bagno nei ruscelli, ha inalato il tabacco che apre gli occhi del cuore e ha ascoltato storie antiche e nuove. È nelle foreste, nei fiumi e nei laghi dell’Amazzonia che Bruno ha sentito il sapore gradevole delle palme bacaba e buriti, ha ascoltato il grido audace dell’aquila reale e il gracchiare degli pappagalli scarlatti, ha imparato a riconoscere le tracce che i queixadas [mammiferi simili ai cinghiali, NdT] aprono nella foresta e che i branchi di pesci piaus tracciano sul letto del torrente.
Bruno era grande e forte nel corpo e nell’anima, la sua voce era ferma in difesa della terra e dolce nel deliziarsi della bellezza dei popoli della foresta. Era incapace di rimanere in silenzio quando l’avidità e la violenza dello Stato e dei predatori della foresta strappavano la vita alle terre indigene. Allo stesso tempo, ascoltava in silenzio la voce degli anziani dei villaggi e da essi imparava altri modi di resistere nel mondo.
Bruno aveva una passione immensa, un’emozione che contagiava tante persone di tanti luoghi diversi: sapeva che nel cuore della foresta le popolazioni indigene isolate lanciavano il loro grido di rifiuto contro la violenza degli invasori. La voce dei popoli indigeni isolati, quelli che sono duramente sopravvissuti ai massacri e alle pestilenze, ha fatto eco in tutto il mondo perché Bruno ha comunicato ovunque il suo desiderio: il desiderio di lasciarli in pace, liberi dai burocrati di Stato, dai militari in divisa che brandiscono le armi, dalle sacre croci delle missioni di morte, dal luccichio del falso oro del capitale insaziabile.
La nostra tristezza è immensa quanto la chioma della foresta, la nostra rabbia è forte come la radice del castagno. La nostra tenerezza è sincera e abbraccia Bia, i figli di Bruno, tutta la sua famiglia, l’infinita comunità dei suoi amici sparsi per il mondo. Da parte nostra, continueremo a lottare, siamo in guerra, non ci fermeremo! Dove cade uno, ne sorgeranno molti altri, sia chiaro, “simbora” [“avanti!”, NdT], come direbbe Bruno. Non dimenticheremo mai chi davvero ha ucciso il nostro fratello maggiore, giammai!
Addio per sempre, Bruno. Ci saranno ancora canti nella comunità, ci saranno ancora frecce negli archi, ci saranno ancora gli spiriti che abitano le foreste. I nemici dei popoli della valle del Javari saranno sconfitti. Anche tu d’ora in poi sarai presente nei nostri sogni, nei sogni dei popoli indigeni. Sepolto oggi nella terra come la manioca, farai germogliare più foreste, ispirerai la vita nei villaggi che ti hanno accolto. E ci saranno migliaia di centimetri in più di terra indigena in Amazzonia.
24 giugno 2022