Differenziata alla messicana

Propongo un post celebrativo e speranzoso dato che da qualche settimana la gran Città del Messico s’è rimessa in moto per provare a fare la differenziata seriamente. 25 milioni di abitanti e almeno 100 milioni di sacchetti d’immondizia inondano la capitale messicana ogni giorno, senza tregua e con ferocia. Da sempre il compito annoso di raccogliere e separare i rifiuti è stato svolto extra – ufficialmente dai pepenadores, un esercito di instancabili operai della monnezza, smistatori professionali di rifiuti e rigattieri metropolitani. In alcuni casi fanno delle discariche la loro casa e vi costruiscono villaggi malsani, nicchie di povertà ignorate dal mondo, che sono al limite dell’immaginazione e delle possibilità di sopravvivenza tra le montagne di spazzatura, la basura in spagnolo, delle discariche.

Quattro o cinque anni fa partì la raccolta differenziata a Città del Messico e si trattava solamente di dividere i rifiuti organici da quelli inorganici. I più zelanti da subito si munirono di due cestini diversi anche se poi la delusione era tanta quando si constatava che poi nei camion la spazzatura veniva rimischiata senza pudore. Ti dicevano che in discarica l’avrebbero ridivisa per bene, no problem. Ma il dubbio restava.

La città è immensa, lunga più di 50 chilometri, e vi convivono quartieri profondamente diversi tra loro, economicamente e socialmente. Per cui si va a macchie, a poco a poco. Alcune zone non hanno acqua, luce e altri servizi di base mentre altre godono di meravigliose biciclette a noleggio, 3 linee di metro, il bus ecologico, le notti illuminate a giorno in cui si dormono sonni (più o meno) tranquilli. Alcune collinette idilliache son popolate da milionarie famiglie rinchiuse in strani villoni simili a dei bunker antiatomici dalle pareti insormontabili.

La maggior parte dei chilangos (abitanti della capitale) vive, invece, in casette a schiera, villette discrete (senza muraglie cinesi intorno) e poi condomini-città da 50 edifici ciascuno, nel migliore dei casi, o in precarie casette di mattoni, rifugi col tetto di lamina e, infine, per strada e nelle discariche a mano a mano che “si scende” di livello socioeconomico.

Da qualche settimana, pena una multa salata per i condomini, dobbiamo fare la differenza separando la spazzatura in tante categorie associate ad altrettanti colori. Abbondano i volantini informativi che sono delle piccole enciclopedie con liste di oggetti emblematici da separare a titolo d’esempio.

Nei cortili si stanno piazzando dei pittoreschi bidoni con tutti i colori dell’arcobaleno per ogni tipo di materiale: vetro, carta, tetra pak, sanitari, plastica, organici, metalli, vari ed eventuali. Le pile si gettano a parte negli speciali contenitori per le strade. Se prima i bidoni erano due, ora son quasi una decina. Io ne ho approntati alcuni sul balconcino di casa con dei secchielli splendenti che potete ammirare in foto.

In vista del referendum sul nucleare ho deciso di dedicare un bidoncino ai rifiuti tossici, specialmente all’uranio e alle scorie radioattive con la speranza che resti solo una raccolta immaginaria e casalinga.

 

 

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