da Semana, 10 maggio 2018
Violenza. «Qui puzza di povero», disse la signora entrando al ristorante. Per il singolare olfatto della signora la “puzza di povero” proveniva da due operai sudati che uscivano dal locale con le loro cassette degli attrezzi. Questa storia, avvenuta a Bogotà, me l’ha raccontata Irene. A Irene, che ha viaggiato per mezzo mondo, quel commento è sembrato così spregevole che è stata sul punto di alzarsi dal tavolo e prendere a schiaffi la signora. Irene non ha ucciso nella sua vita nemmeno uno scarafaggio, ma in quell’occasione in cui il sangue le è salito alla testa si è trovata sul punto di diventare violenta.
Terra. Anni fa ho percorso da cima a fondo la valle del fiume Patía. Quasi sempre a piedi. Non vedevo altro che distese di tenute, separate tra loro da filo spinato e in cui pastoravano zebù d’allevamento. La maggior parte di quelle proprietà sono state in passato popolate e coltivate da cimarroni [1] in fuga dalle tenute schiaviste. Con la legge di manomissione (1851) [2] gli schiavisti sono diventati padroni e gli schiavi braccianti. I proprietari sono bianchi e i lavoratori neri. Ricordo che durante una chiacchierata con un anziano lui chiamò “bianco” un maggiordomo. Gli chiesi perché non lo chiamasse per nome. «L’ho imparato da mio nonno, che è stato schiavo», mi rispose. Alla maggioranza nera manca la terra da lavorare e vive in capanne costruite con canne e fango, negli stretti spazi lasciati liberi dagli steccati. Sono luoghi in cui la vita scorre come ai tempi della colonia.
Politicheria. Camminava come uno zoppo, ma non era zoppo. Fingeva d’esser zoppo per assicurarsi la compassione dei guardiano che lo scortava e dei reclusi che lo scrutavano con la coda dell’occhio dall’area accettazione del penitenziario La Picota di Bogotà. «Ha pianto tutta la notte anche se ha fatto una fortuna in un batter d’occhio», disse una guardia penitenziaria. Aveva rubato milioni giocando una doppia partita: con lo Stato e con la mafia. In pochi giorni andò a sentenza anticipata e gli fu data una condanna simile a quella di un borseggiatore. Uscì poco tempo dopo per poter godere del suo bottino e riciclarsi nella politica. Erano i tempi nei quali crema della politica colombiana, come in una giostra, entrava e usciva da La Picota. La giostra non si è fermata. Continua a girare.
Dio uno: So dall’Antico e dal Nuovo Testamento che il Dio dei cristiani si manifesta in diversi modi. Tutto indica che il Dio che è apparso all’ex-procuratore Viviane Morales[2] aveva lineamenti di un voltagabbana. È l’unico modo in cui si può comprendere la sua capovolta politica a favore delle stesse persone a cui prima dava la caccia per corruzione. Sono questi i momenti in cui la politica diventa una commedia di risate registrate, tutto si confonde e non c’è modo di capire chi sono i perseguitati e chi i perseguitori.
Dio due: I votanti del Mira [3] sono rimasti stupefatti e alcuni si sono messi a piangere per l’assurda decisione dei suoi capi di appoggiare la candidatura dell’uribismo che minaccia di fare a pezzi quegli accordi di pace che il loro piccolo gruppo parlamentare ha votato nella passata legislatura. La fotografia che mostra Duque [4] con i capi del Mira sembra scattata dal diavolo, solo così si può spiegare il volto contrito dei presenti, come se stessero comunicando una cattiva notizia al paese. Nessuno sorride. Sembrano bambole di cera. Tutto è posticcio.
Telegramma: Queste strane alleanze che si vanno tessendo attorno all’uribismo mi fanno tornare alla mente la citazione di Mark Twain, il più celebre scrittore statunitense: “Una volta ho mandato a una dozzina di amici un telegramma: «Fuggi immediatamente. Hanno scoperto tutto». Ebbene, tutti quegli amici hanno lasciato la città senza pensarci due volte”.
[1] schiavi africani fuggiaschi, oggi i loro discendenti sono conosciuti anche col termine inglese “maroon”
[2] la legge emessa il 21 maggio 1851 con cui il Congresso della Colombia imponeva la libertà degli schiavi a partire dal 1 gennaio 1852. Ai proprietari degli schiavi veniva corrisposto un indennizzo fra i 1.200 e i 1.600 pesos a seconda dell’età, del sesso e dello stato di salute dello schiavo.
[2] Viviane Morales: ex procuratore generale della Repubblica colombiana, nel 2011 fece condannare l’allora Ministro dell’Agricoltura del governo Álvaro Uribe per uno scandalo di corruzioni legato a un programma di sussidi all’agricoltura. Candidata alla presidenza con il partito Somos Región Colombia, il 2 maggio 2018 rinuncia per appoggiare quella di Iván Duque.
[3] Mira: Movimento Indipendente di Rinnovamento Assoluto, partito politico colombiano di stampo religioso. Il 10 maggio 2018 dichiara il suo appoggio alla candidatura alla presidenza di Iván Duque.
[4] Iván Duque, candidato alla presidenza della Colombia per il partito di estrema destra Centro Democrático, guidato dall’ex presidente Álvaro Uribe.
Cattiva Reputazione è una rubrica del blog lamericalatina.net contenente gli articoli d’opinione pubblicati da Yezid Arteta Dávila sul giornale colombiano Semana. Le traduzioni sono a cura di Marco Dalla Stella.
Yezid Arteta Dávila (Barranquilla, Colombia, 1959) è un sociologo e avvocato. Negli anni dell’Università si è distinto come leader del movimento studentesco e a dicembre 1984 decide di entrare nella guerriglia delle Farc, fino a diventarne comandante del fronte29 e membro dello stato maggiore. A luglio 1996 viene catturato e condannato a 10 anni e 12 giorni di prigione.
Durante la sua permanenza in carcere si impegna nella lotta per la difesa dei diritti delle persone private della libertà e pubblica il suo primo libro di racconti, Trocha de Ébano y otros relatos, il racconto-reportage La Tramacua, un secondo libro di racconti, Crónicas de Convictos y Rebeldes, e il racconto De la Locura y Otros Crimenes.
Recupera la libertà a luglio 2006 e rinuncia alle armi per impegnarsi a favore della pace e della riconciliazione fra i colombiani e pubblica la sua opera Relatos de un convicto rebelde(2007).
A febbraio 2007 lascia la Colombia e si trasferisce in Catalogna, dove lavora come ricercatore alla Escuela de Cultura de Paz dell’Università Autonoma di Barcellona. Scrive con Alfredo Rangel, Medófilo Medina e Carlos Lozano Qué, Cómo, Cuándo Negociar con las FARC (2008) e ¡Descansen armas! (2014). Ad aprile 2017 ha pubblicato La mala reputación. ¿Izquierda para existir o para ganar?
Twitter: @Yezid_Ar_D