Questa mattina i flussi di notizie e commenti sulla storica vittoria di Andrés Manuel López Obrador nelle elezioni presidenziali messicane sono stati interrotti abruptamente da una nota di cronaca su cui probabilmente si avranno aggiornamenti nelle prossime ore. Ne parlo qui perché è legata al caso de tre cittadini italiani (Raffaele e Antonio Russo, Vincenzo Cimmino) che sono stati vittime di sparizione forzata (cioè sequestrati dalla polizia locale, quindi da funzionari pubblici del Comune, e probabilmente consegnati ad altri gruppi armati) in Messico nel mese di gennaio e che per alcune settimane sono stati al centro delle cronache in Messico e in Italia. Ne ho parlato qui (blog de l’Espresso) e qui (il Manifesto).
Alle 11.40 del 2 luglio Victor Díaz Contreras, giovane sindaco della città di Tecalitlán, nello stato messicano del Jalisco, è stato raggiunto e ucciso da un gruppo di uomini armati su una camionetta nera e un’auto mentre si recava a visitare i lavori di costruzione di alcuni edifici insieme a impiegata dell’anagrafe e al suo segretario. Gli assassini hanno affiancato da destra e da sinistra con i loro veicoli la camionetta Toyota del sindaco, hanno fatto fuoco con armi lunghe e sono fuggiti a bordo della loro camionetta nera. Per ora non si hanno altre notizie su di loro. L’impiegata è rimasta ferita e il segretario è uscito illeso dall’attentato. Il procuratore del Jalisco, Raúl Sánchez Jiménez, ha dichiarato che le indagini sono cominciate e che sono state applicate misure di protezione per la famiglia del sindaco. Il giorno prima del suo omicidio Dìaz aveva pubblicato su facebook le foto dei vetri rotti dell’auto di suo fratello per denunciare pubblicamente un’aggressione diretta contro la sua famiglia.
Secondo quanto riporta il reportage di Imagen TV, al sindaco, appartenente al PRI (Partido Revolucionario Institucional, attualmente al potere al livello federale), restavano solo un paio di mesi di mandato dato che alle elezioni di domenica scorsa ha vinto la candidata del partito progressista MORENA Marìa del Pilar Pantoja che s’insedierà il 30 settembre. Il comitato locale del Jalisco del PRI ha espresso le sue condoglianze alla famiglia di Dìaz e ha chiesto via twitter alla procura di punire chi risulterà responsabile perché “questi atti codardi non restino impuniti”. L’omicidio avviene in un contesto elettorale che è stato segnato, nelle fasi di precampagna e campagna degli ultimi nove mesi, da 140 omicidi, legati alla violenza politico-criminale, di candidati (48 persone) e funzionari in carica. Nella giornata elettorale si sono aggiunti altri 5 assassinii di questo tipo. A Tecalitlàn e dintorni sono numerosi i casi aperti per sparizioni forzate e nei pressi della città c’è una caserma dell’esercito (79esimo battaglione d’infanteria).
Riporto da un mio precedente articolo: “Lo studente diciassettenne Ulises Cardona è sparito proprio a Tecalitlán, che secondo il sindaco Vìctor Díaz sarebbe «un posto tranquillo». Alla stampa Díaz ha detto anche che la scomparsa degli italiani sarebbe «un fatto isolato», anche se nel suo comune, di soli 16mila abitanti, sono dieci le persone desaparecidas negli ultimi dieci anni. Ulises e un suo amico, Moisés Cárdenas, che era con lui quel giorno, sono stati sequestrati da uomini della marina messicana, ma solo Moisés, con segni di tortura e maltrattamento, è stato liberato poco dopo”. Nonostante la presenza fissa dei militari (o forse sotto gli occhi complici di questa) la zona è stata segnalata per le piantagioni di marijuana e papavero da oppio, per la presenza di numerosi gruppi armati e per i laboratori di elaborazione di stupefacenti. Un altro elemento importante del contesto è la presenza di importanti giacimenti di oro nelle vicinanze, in uno stato come il Jalisco che ha dato in concessione il 25% del suo territorio a compagnie minerarie e che, parallelamente, ha visto crescere il numero dei desaparecidos fino a superare la cifra tremenda di 3000 persone vittima di questo crimine. A Tecalitlàn e dintorni, in particolare, si trova il distretto metallico per l’estrazione dell’oro chiamato “Manuel M. Dièguez-Tecalitlàn”. La zona intorno alla città è stata anche segnalata e investigata dalla procura nazionale per l’estrazione illegale di minerali e la presenza di gruppi della criminalità organizzata legati allo sfruttamento delle risorse con il beneplacito e la collaborazione dei poteri costituiti. Nel Messico della militarizzazione e dello stato d’eccezione permanente, che è stato chiamato “guerra al narcotraffico” ma che in realtà è un mix di politiche di repressione e occupazione dei territori nell’ambito del neoliberalismo, è molto comune riscontrare nessi chiari tra attività di sfruttamento delle risorse naturali e del sottosuolo, crimine organizzato, polizie e militari, autorità politiche a vari livelli (locale, statale, federale) e crimini come gli omicidi e le sparizioni forzate come hanno documentato i giornalisti Mastrogiovanni, Zavala, Lemus, tra gli altri.
In febbraio, durante l’amministrazione di Dìaz e in seguito alla sparizione dei tre italiani, tutti i membri della polizia locale vennero sospesi e quattro agenti furono accusati del rapimento, occultamento e consegna a un gruppo criminale delle vittime, ma al momento sono ancora latitanti e il caso è irrisolto. “Il sindaco non ha denunciato nessuna minaccia né aggressione previa, nemmeno quella di domenica scorsa che ha riportato nelle reti sociali”, ha detto il procuratore regionale del Jalisco Fausto Mancilla in intervista col giornalista Ciro Gòmez Leyva, e, sempre secondo il funzionario, non si può scartare né confermare il coinvolgimento di un gruppo di poliziotti locali nel crimine, anche se c’è una linea di indagine aperta al riguardo.