Bisognerà votare per Arce e Choquehuanca

di René Behoteguy Chávez da Rebelión

Traduzione di Alice Fanti e Manuela Loi. Commento di Daniele Benzi

Salvo colpi di mano dell’ultima ora, che significherebbero l’inizio di un nuovo e probabilmente più cruento e chissà classico colpo di Stato, finalmente domenica si celebreranno le elezioni politiche in Bolivia. Le previsioni danno la vittoria al binomio Arce-Choquehuanca, due figure storiche della nomenklatura del MAS. Non è difficile capire il perché. La coordinazione intra élite per stabilizzare l’improvvisato golpe dell’anno passato è stata disastrosa, diventando tragicomica con l’arrivo del Covid-19, che comunque ha consentito di rinviare fino ad oggi la data del voto. Al contrario, nonostante le crepe interne, dopo gli errori colossali di ottobre e novembre dello scorso anno, il MAS è riuscito ad usare con accortezza gli spazi istituzionali che, incomprensibilmente, i golpisti gli hanno lasciato.

La questione, quindi, è se la coppia Arce-Choquehuanca riuscirà a passare al primo turno. Cioè lo stesso problema del 2019, ma stavolta con Evo Morales proscritto e il MAS all’opposizione (sic!). È una eventualità quella del secondo turno niente affatto remota, stante anche la possibilità o, meglio, la probabilità, di tentativi di brogli. Aleggia di nuovo, così, lo spettro dell’equilibrio catastrofico, un’espressione gramsciana resa popolare in America latina dagli scritti sulla Bolivia di García Linera, ex vice-presidente di un paese dipendente fratturato da insanabili divisioni etnico-razziali, socio-classiste e territoriali.    

La sinistra radicale in queste occasioni si trova davanti ad uno sgradevole dilemma: quello del voto/non voto. È già successo, continuerà a succedere. Personalmente penso che la logica prevalente, quella dei “senza se e senza ma”, abbracciata tanto dai simpatizzanti dei governi nazional-populisti come quello di Evo Morales, quanto dai suoi critici e avversari da sinistra (o al di là della sinistra, come nel caso di alcuni gruppi indianisti, femministi ed ecologisti), sia comunque dannosa, a prescindere da che parte si stia. Così come dannose sono le arroventate polemiche fra militanti-accademici, o accademici-militanti, nel bel mezzo di situazioni assai delicate, spesso tragiche o al limite della tragedia, facili da strumentalizzare e che creano muri invalicabili per il dialogo fra ragioni e sensibilità diverse. Alla fine, forse, bisognerebbe avere la lungimiranza per rendersi conto che l’esuberanza con cui si sprecano le accuse di tradimento o si affibbiano epiteti offensivi, in realtà nasconde la scarsa incidenza nei processi e l’impotenza delle voci che le manifestano. A volte, forse, la cosa migliore è tacere.

Con rare eccezioni, la crisi politica dello scorso anno, poi sfociata in un golpe, ha mostrato il meglio, cioè il peggio, di questa logica dello spettacolo verbale per leggerezza e impotenza di cui sfortunatamente alcune voci della sinistra radicale sono capaci. La speranza è che non succeda di nuovo nei prossimi giorni. Perché di sgradevoli dilemmi che hanno già creato muri invalicabili ce ne sono stati parecchi negli ultimi anni e, quasi certamente, ancora di più ce ne saranno in futuro.

Nel breve articolo che proponiamo, René Behoteguy Chávez ci spiega le ragioni per cui nonostante le molte perplessità, secondo lui domenica 18 bisognerà votare la coppia Arce-Choqueuhanca. Non lo abbiamo scelto per la posizione che esprime. Non è detto infatti che si debba necessariamente condividere questa scelta. Ma è una posizione che va rispettata per la qualità degli argomenti e il tono pacato dell’argomentazione, nel bel mezzo di una situazione assai delicata che, tutte e tutti, speriamo non diventi di nuovo tragica. [Daniele Benzi]

I due candidati Luis Arce Catacora e David Choquehuanca

Bisognerà votare per Arce Catacora e David Choqueuhanca, anche se con alcune perplessità dovute alle contraddizioni della candidatura del MAS. Perplessità ragionevoli dal momento che gli atteggiamenti personalistici e verticisti del MAS nella gestione dello Stato hanno spesso indebolito le strutture di base dei movimenti sociali.

Perplessità per la cocciutaggine con cui ha insistito per una candidatura (Morales-García Linera) che aveva perso un referendum e che, con questa ostinazione, ha donato alla destra oligarchica, che vagava persa e disorientata, un appiglio che le ha permesso di mettere in piedi una mobilitazione di strada, convincendo una classe media ingenua e permeata di cultura coloniale che ha così fatto affiorare la sua radicata eredità di risentimento razzista.

Perplessità perché la mancanza di profondità di un progetto di vera rottura anticoloniale e anticapitalista ci ha gettato in una situazione di convivenza quasi complice con le oligarchie di agricoltori e allevatori dell’oriente che, non contenti di essere tra i più avvantaggiati dalla stabilità economica raggiunta dal governo del MAS, non ci hanno pensato due volte nell’appoggiare un violento colpo di stato che è stato pagato con il sangue dalle classi popolari nei massacri di Sacaba e Senkata.

Perplessità e contraddizioni tra una costituzione e un discorso teorico che danno priorità agli aspetti comunitari in ambito economico e sociale e una pratica di sviluppismo spesso in aperta opposizione con i popoli indigeni, che sono la ragione stessa di esistenza del MAS.

Perplessità, infine, di fronte alla grande quantità di approfittatori e corrotti convertiti a un discorso pseudorivoluzionario che, in molteplici occasioni, si sono impadroniti di importanti settori dello Stato scalzando persone che hanno dato la propria vita per un vero processo di cambiamento. Nonostante tutto questo, bisognerà votare per il MAS e io lo farò.

In primo luogo, perché, anche con tutte queste mancanze, la candidatura di Arce e Choquehuanca è l’unica che rappresenta i settori popolari e indigeni e, per questo, potrà essere da loro chiamata a rispondere. Tutte le atre fanno gli interessi dell’alleanza strategica tra il Dipartimento di Stato statunitense e le classi oligarchiche ed è a questi interessi e a nessun altro che risponderanno. Mesa e Quiroga rappresentano la peggiore eredità del passato coloniale neoliberale che ha lasciato il paese sull’orlo della bancarotta, sottomesso agli organismi internazionali da cui si dipendeva persino per pagare i salari del settore pubblico, mentre i nuovi, Camacho e Chi, rappresentano una ultradestra ignorante, violenta e di una religiosità fondamentalista che assomiglia a una caricatura di Trump e Bolsonaro (come se non fossero già abbastanza delle caricature loro stessi).

Bisognerà votare Arce e Choquehuanca anche perché un trionfo di Mesa o Camacho rappresenterebbe il consolidamento del colpo di stato razzista realizzato tra ottobre e novembre 2019, che si aggiungerebbe all’impunità dei responsabili dei massacri di Senkata e Sacaba. Significherebbe anche la normalizzazione dei comportamenti violenti dei gruppi fascisti come Resistencia Juvenil Cochala o la Unión Juvenil Cruceñista, che non si fanno scrupoli a imporre il loro fanatico fascismo nelle nostre strade.

Bisognerà votare Arce e Choquehuanca perché, anche con tutti i difetti appena citati, questo processo di 14 anni ha significato un passo avanti importante in termini di diminuzione della povertà e nella conquista dei diritti, ma soprattutto ha significato la conquista di dignità e autostima per le maggioranze operaie, popolari e indigene calpestate dallo stato coloniale sin dalla nascita della Repubblica e impoverite a livelli insostenibili negli anni del modello neoliberale.

Bisognerà votarli anche se ci vedremo costretti, già dal giorno dopo la loro vittoria, a pretendere autocritica e riorientare il processo. Ci sarà pur sempre un processo da riorientare e non il ritorno al deserto del passato neoliberale coloniale.

Alla fine, quelli che si sono posizionati e hanno preso parte attiva nella lotta di classe in favore delle classi operaie e popolari e per i popoli indigeni nella lotta per la decolonizzazione, non dovrebbero avere troppi problemi a capire chi è dei nostri e chi no. Per questo bisognerà votare per Arce Catacora y David Choquehuanca.

René Behoteguy Chávez, boliviano, militante di Askapena e residente nei Paesi Baschi.

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