Masterclass della fine del mondo – Quarta parte

Pubblichiamo qui la traduzione in italiano della quarta parte del testo “Masterclass della fine del mondo”. Si tratta di una riflessione collettiva di un gruppo di compagne e compagni brasiliani sulle lotte, le loro contraddizioni, limiti e possibilità, in Brasile e non solo, durante gli ultimi quattro anni di governo Bolsonaro e soprattutto durante la pandemia. Qui la prima parte. Qui la seconda. Qui la terza. Qui la quinta. L’originale in portoghese è consultabile su neblina.xzy. Articolo apparso anche su Euronomade.info.

Abbandonate ogni speranza

Nelle stesse settimane in cui si diffondeva l’appello per un nuovo sciopero nazionale dei camionisti, previsto per il 1° febbraio 2021, circolava nei gruppi WhatsApp della categoria il video di un autista che si impiccava accanto al suo veicolo, su un albero al lato della strada. La scena veniva condivisa con messaggi di lutto e di avvertimento per la situazione disperata dei camionisti autonomi, intrappolati tra le basse tariffe dei carichi e una serie di aumenti dei costi di trasporto, soprattutto del carburante. Nonostante questo, il movimento non ha avuto neanche lontanamente la stessa forza dello sciopero del maggio 2018, quando l’approvvigionamento dell’intero paese fu asfissiato in pochi giorni e il governo, terrorizzato, offrì qualche ristoro immediato con misure che avrebbero perso effetto negli anni successivi.[1] Senza l’ampia – e ambigua – composizione della mobilitazione precedente, che aveva coinvolto autisti con il proprio veicolo, proprietari di piccole flotte e grandi imprese di logistica, l’ebollizione dell’inizio del 2021 si è ridotta a iniziative sparse di camionisti autonomi, che hanno cercato di bloccare tratti stradali in diversi stati, ma sono stati rapidamente repressi dalla polizia autostradale.[2]

Anche se lo sciopero non ha ingranato nelle strade, l’agitazione ha contagiato i lavoratori che dipendono direttamente dal carburante per guadagnarsi da vivere nelle città. Tra febbraio e aprile, manifestazioni di rider, autisti di Uber e di pulmini scolastici, oltre a nuove proteste di camionisti, si sono verificate quasi quotidianamente in tutto il Brasile, dando contorni insurrezionali a strade che erano già a circolazione ridotta per via del picco della seconda ondata del coronavirus nel paese. Questo movimento di lavoratori motorizzati ha bloccato le autostrade e i centri di distribuzione della Petrobras; ha riempito le stazioni di servizio, con la tattica di fare un solo real (corrispondente a circa 0,19 euro, NdT) di benzina per formare file e causare perdite alle stazioni di servizio; ha stimolato l’organizzazione di proteste e blocchi dei rider; e ha dato impulso al più grande corteo motorizzato di autisti di Uber nella storia di San Paolo, che ha bloccato l’accesso all’Aeroporto Internazionale di Guarulhos per una notte intera per chiedere la fine delle corse mal pagate.[3]

Nell’epoca dell’uberizzazione, l’inflazione – che tradizionalmente si traduceva in rivendicazioni intorno al costo della vita – provoca, in primo luogo, mobilitazioni mirate al costo del lavoro, cioè lotte per “poter lavorare”. La riproduzione della forza lavoro si trasforma in amministrazione della micro-impresa di se stessi, da qui la frequente vicinanza tra le proteste contro l’aumento dei prezzi del carburante e le campagne anti-lockdown dei negozianti nei primi mesi dell’anno. Per molti, gli scioperi sono stati l’ultima risorsa prima di abbandonare la lotta e consegnare le armi, o meglio, prima di restituire l’auto alla compagnia di noleggio (in alcune città, le associazioni di autisti di Uber stimano che più della metà di quelli registrati sulle piattaforme hanno abbandonato la professione durante il 2021).[4]

Tra la crescente impraticabilità finanziaria del lavoro autonomo, da un lato, e la crisi del lavoro formale, dall’altro, non vi è riparo alcuno in cui rifugiarsi. L’unica alternativa è continuare in una corsa senza fine, vivendo in condizioni sempre più avverse. Questo senso di confinamento in un lavoro estenuante e senza futuro trova eco dall’altra parte del globo, riassunto dalla parola in voga tra gli utenti cinesi dei social network “per descrivere i mali della loro vita moderna”: nèijuǎn (内卷).[5] Prima di diventare di moda nel paese più popoloso del mondo in questi anni ‘20, il termine è stato utilizzato dagli studiosi per tradurre il concetto di “involuzione”, una dinamica di stagnazione delle società agrarie – ma anche delle grandi città alla periferia del capitalismo globale – in cui l’intensificazione del lavoro non si legge in termini di modernizzazione.[6] “Composta dai caratteri ‘dentro’ (内) e ‘rotolo’ o ‘rotolare’ (卷)” l’espressione può essere “intuitivamente intesa come qualcosa tipo ‘girare verso l’interno’”.[7] Mentre “sviluppo” porta l’immagine di uno svolgimento verso l’esterno, verso qualcosa, nèijuǎn suggerisce una vite che gira in falso su se stessa. Un movimento incessante, ma che non porta da nessuna parte. – Non è forse questa, dopo tutto, l’eterna viração quotidiana? Riflettendo la disperazione dell’esperienza quotidiana di studenti e lavoratori nelle metropoli cinesi, il termine condensa

la sensazione di essere intrappolati in un ciclo miserabile di lavoro estenuante che non è mai sufficiente a raggiungere la felicità o un miglioramento duraturo, da cui nessuno può uscire senza cadere in disgrazia. La sentono quando si lamentano che la vita sembra una competizione senza fine e senza vincitori, e sognano il giorno in cui finalmente vinceranno. Ma quel giorno non arriva mai. I debiti si accumulano, le richieste di aiuto vengono ignorate, le opzioni rimaste cominciano a diminuire. In un’epoca di involuzione, quando anche le più piccole riforme sembrano impossibili, non restano che misure disperate.[8]

Se un po’ di questa disperazione attraversa i movimenti degli autisti autonomi in Brasile, assume caratteristiche ancora più drammatiche sulle strade cinesi. Nel gennaio 2021, un rider cui la piattaforma si rifiutava di pagare quanto dovuto si è dato fuoco davanti alla sua stazione di delivery a Taizhou. In aprile a Tangshan un camionista, a cui la polizia ha sequestrato il veicolo perché era troppo carico, ha preso una fiala di pesticidi e ha inviato un messaggio di addio ai colleghi autisti sui social network. Nello stesso mese in cui un disabile in sedia a rotelle di São Caetano do Sul si è legato al corpo dei falsi esplosivi e ha minacciato di far saltare in aria un’agenzia dell’INSS [Istituto Nacional de Segurança Social, equivalente al nostro INPS, NdT] se non avesse avuto accesso alla sua pensione d’invalidità,[9] il residente di un villaggio nel distretto meridionale cinese di Panyu, dove lo Stato aveva espropriato la terra collettiva per venderla alle compagnie turistiche, è arrivato alle estreme conseguenze nel palazzo del governo locale: con bombe vere ha fatto saltare in aria se stesso e cinque impiegati. Licenziato all’inizio di luglio, un muratore ha fatto irruzione nella casa del suo ex datore di lavoro sulla costa di Santa Catarina, ha tenuto la sua famiglia in ostaggio per dieci ore ed è stato ucciso dalla polizia quando li ha liberati[10]. E la pandemia avrebbe portato ancora più pressione e disperazione, come mostrato nel caso dell’uomo che ha guidato la sua auto in un affollato pronto soccorso pubblico nella regione metropolitana di Natal dopo che a sua moglie era stato negato il ricovero per Covid.[11]

Quando un poliziotto militare di Bahia ha lasciato la sua postazione e ha guidato da solo per più di 250 chilometri fino al Farol da Barra, attrazione turistica di Salvador, dove ha sparato in aria con il suo fucile gridando contro la violazione della “dignità” e “dell’onore del lavoratore”, il suo sfogo è stato celebrato nelle reti anti-lockdown come un gesto eroico contro gli “ordini illegali” dei governatori.[12] La tragica fine del soldato, ucciso in una sparatoria dai suoi stessi colleghi, è stata utilizzata dai deputati di estrema destra per incitare un ammutinamento nell’esercito. Il corteo di macchine della polizia che è partito da quello stesso luogo il giorno seguente, tuttavia, ha trovato il traffico congestionato da un’altra manifestazione: erano rider che denunciavano la morte di un loro collega, investito da un autista che stava guidando ubriaco la sera prima. Accidentalmente unite dal lutto per i compagni caduti in una guerra sociale senza forma definita, le due manifestazioni convergevano verso la sede del governo statale.[13]

Nello stesso tempo in cui la crisi si aggrava, o meglio, allarga la fossa in cui da decenni ci dibattiamo senza muoverci di un passo, la politica di terra bruciata di Bolsonaro gli permette di mobilitare la disperazione, in attacchi suicidi, con la promessa di una decisione[14] – di un “colpo finale”[15]. Per quanto il malcontento per l’aumento dei prezzi del carburante abbia scalfito il sostegno del presidente in una delle sue principali “basi” (i camionisti), il bolsonarismo è rimasto la principale forza politica con qualche capacità di egemonizzare la turbolenza sociale di questi tempi apocalittici, nel tentativo di unire le più diverse insoddisfazioni in una “rivolta all’interno dell’ordine”[16], dirottandole ad attaccare i bersagli del momento all’interno delle istituzioni – siano essi i sindaci, i governatori, la magistratura, i media, il vaccino o il voto elettronico – o semplicemente mimando le lotte concrete con riti estetici, come le corse domenicali in moto.

Al culmine dell’agitazione, la Corte Suprema ha riportato sulla scacchiera un pezzo decisivo che gli stessi giudici avevano rimosso dal gioco qualche anno prima. La sua decisione di ribaltare le condanne di Lula e di permettergli di partecipare nuovamente alle le elezioni presidenziali, segnala che potrebbe non essere possibile contenere l’assalto dell’insurrezione bolsonarista senza rivolgersi al comandante della grande operazione di pacificazione che è andata avanti quasi incontrastata fino allo shock del giugno 2013, nella speranza che tutto torni a funzionare come prima. Vale la pena chiedersi, tuttavia, “quale tecnologia avrà a disposizione per placare” una massa urbana in fase accelerata di “proletarizzazione discendente” nel pieno dell’attuale escalation della guerra sociale.[17] Per quanto la manovra della magistratura ravvivi la vana speranza della sinistra di ripristinare i diritti smantellati, i formulatori del programma economico del PT per il 2022 non solo riconoscono la perdita di forma del lavoro, ma si uniscono ai dirigenti di iFood nel “portare i lavoratori delle piattaforme digitali fuori dal limbo normativo”[18] , il che “non significa inquadrarli nella vecchia CLT, ma non è nemmeno lasciarli come sono oggi”[19].

“Un nuovo governo Lula significherà, nella migliore delle ipotesi, che la gente potrà continuare a lavorare con Uber”,[20] con una regolamentazione della “partnership” tra piattaforma e autisti e più “certezza giuridica” per le imprese. E, anche se il regime incendiario di Bolsonaro fornisce un terreno fertile per l’espansione del loro business, le foodtech brasiliane non disconoscono nemmeno l’expertise nel dialogo e nella mediazione dei conflitti accumulata nel paese durante i governi “democratico-popolari”. Per minimizzare l’impatto negativo degli scioperi sul suo marchio, iFood – che, per inciso, celebra “mete di diversità e di inclusione razziale e di genere” all’interno dei suoi uffici[21] – ha reclutato personale formatosi nelle ONG e nei progetti sociali delle zone periferiche per placare la ribellione dei suoi “partner” motorizzati[22] . Per tutto il 2021, i rider coinvolti in conflitti in tutto il paese sono stati cercati da un “community manager” assunto dall’azienda non esattamente per soddisfare le richieste, ma per dialogare, annunciando la costruzione di un “Forum di rider[23] con digital influencer della categoria e presunti leader degli scioperi, nel miglior stile delle conferenze partecipative del Brasile di un tempo.

Un ritorno dell’ex metalmeccanico al Palácio da Alvorada (palazzo presidenziale, NdT) dovrebbe rappresentare non un momento di ricostruzione nazionale, ma la possibilità di riunire i resti e consolidare il nuovo terreno di accumulazione nel paese, in una normalizzazione del disastro con un sapore di vittoria – e quindi “più perfetto di quanto sarebbe possibile sotto qualsiasi politico conservatore”.[24] L’aspettativa delle elezioni del 2022 approfondisce così lo stato di attesa dei grandi partiti e dei piccoli collettivi di sinistra, che durante la pandemia hanno trovato nell’imperativo dell’isolamento sociale una giustificazione alla loro quarantena politica. Incarnando la difesa delle raccomandazioni sanitarie, la sinistra in generale si è bene adattata alla realtà dello smartworking, in un’attesa paralizzante di aspettative abbassate: l’attesa del conteggio quotidiano dei morti, rallegrandosi per la caduta della curva; l’attesa dell’arrivo dei vaccini in Brasile, seguita dall’attesa – e dalla disputa[25] – per un posto nella fila; l’attesa della fine del “governo Bozo” (Bozo è un soprannome di Bolsonaro, NdT), ravvivata ad ogni nuovo conflitto di questi con la Corte Suprema o ogni nuova testimonianza nella Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla gestione del Covid; insomma, l’attesa che il peggio passi e tutto sia di nuovo meno peggio, come prima. Con il miglioramento degli indicatori della pandemia, a metà del 2021, questa speranza inerte è uscita di casa ed è diventata una fotografia aerea sui viali. Tuttavia, se le manifestazioni hanno dimostrato la dimensione del rifiuto al presidente nelle principali città del paese, hanno anche reso flagrante l’impotenza di questa opposizione. Dopo aver radunato centinaia di migliaia di persone, le manifestazioni si sono gradualmente ridotte, nella misura in cui diventavano sfilate sempre più controllabili da parte delle organizzazioni.

Il letargo della sinistra contrasta con l’insorgenza dell’estrema destra, che si nutre della mobilitazione di coloro che non hanno più aspettative. E se non è possibile escludere totalmente una vittoria imprevista di Bolsonaro nelle urne, non si possono nemmeno disprezzare le minacce di una rottura dell’ordine costituito, sempre rimandate, per preservare la sua militanza in una prontezza quasi paranoica e tenere l’opposizione sulla difensiva, ipnotizzata dall’imminenza del colpo decisivo che non arriva mai. La politica rimane in trance, in eterna preparazione di un conflitto mai conflagrato, che è essa stessa una tattica di guerra nell’arsenale della gestione “ibrida” di territori e popolazioni.

Pur contando solo sullo zoccolo duro di militanti fedeli, l’esercizio di mobilitazione delle truppe del 7 settembre ha rappresentato più un banco di prova che un segno di impotenza[26]. Il giorno successivo, quando all’alba le autostrade di quindici stati del paese sono state bloccate dai camionisti – che, fino ad allora incapaci di sostenere una mobilitazione intorno al valore delle corse e del carburante, hanno mostrato invece una notevole forza a sostegno dell’attacco strategico del presidente contro le urne elettroniche e la Corte Suprema[27] – il governo è stato costretto a riconoscere che la chiamata non era altro che una prova generale, suscitando l’ira di molti manifestanti e lasciando intravedere un bolsonarismo che già supera Bolsonaro stesso. Dentro o fuori dallo Stato, comandato dal capitano o meno, “la rivoluzione che stiamo vivendo”[28] – e che “rimette la violenza, intesa come uso della forza armata, nella condizione di risorsa politica fondamentale” – si farà sentire ben oltre il 2022, come annunciato dalle scene quasi surrealiste dell’assalto a Capitol Hill e ad altri parlamenti statali dopo la sconfitta di Donald Trump negli Stati Uniti.[29]

Programmato per l’11 settembre, un nuovo sciopero nazionale dei rider finì col confondersi con la notizia dello sciopero dei camionisti – non tanto per un appoggio al presidente quanto per il significato che l’ultimo grande sciopero di quell’altra categoria centrale del settore logistico ha acquisito nell’immaginario dei motoboys.[30] Senza la stessa ripercussione del Breque dos Apps dell’anno precedente, lo sciopero del 2021 si estese, qua e là, oltre la data prevista. In un distributore di bevande della piattaforma Zé Delivery, nella zona sud di San Paolo, i corrieri hanno deciso di iniziare lo sciopero con due giorni di anticipo per riscuotere i pagamenti dovuti.[31] E a São José dos Campos, nello stato di San Paolo, i rider hanno continuato a fermarsi per i cinque giorni consecutivi, nel più lungo sciopero in una piattaforma nella storia del paese fino ad allora.[32]

Ispirati da un video in cui dei rider della capitale mostravano passo dopo passo “come bloccare un centro commerciale”,[33] i motoboys del quinto comune più grande dello stato si sono divisi in piccoli gruppi per bloccare i grandi stabilimenti della città, mentre altri circolavano per le strade per intercettare i crumiri, oltre a distribuire acqua e cibo a chi stava realizzando i picchetti. Ogni sera, tutti si riunivano in una piazza per discutere la strategia del movimento e votare se continuare lo sciopero. Mentre una piattaforma più piccola, appena arrivata in città, cedeva alle pressioni annunciando un aumento delle tariffe, iFood organizzava una controffensiva e prometteva un incontro ai leader locali, attraverso uno dei suoi “articolatori comunitari”. La notizia che la più grande piattaforma di food delivery dell’America Latina aveva aperto una trattativa – per quanto limitata – di fronte all’eroica tenacia dei “trecento di São José dos Campos”, come la raccontavano i meme sulle reti dei rider, ha dato a quella sconfitta un sapore di vittoria e l’ha trasformata in un esempio per le zone circostanti. Nelle settimane successive, lo stato di San Paolo fu investito da una sequenza non coordinata di scioperi, che sarebbero continuati per diversi giorni a Jundiaí, Paulínia, Bauru, Rio Claro, São Carlos e Atibaia.[34]

Nei momenti di tensione che hanno segnato la fine della mobilitazione a São José dos Campos, tuttavia, le promesse di dialogo si sono combinate con un’altra trattativa di iFood con i ristoratori e gli operatori logistici locali che, con tono minaccioso, hanno inviato ai rider il messaggio che, se il movimento fosse continuato, avrebbero potuto esserci ad “atti di violenza” in città.[35] Ricorrendo contemporaneamente a strategie di smobilitazione partecipative e miliziane, la più grande piattaforma di delivery del Brasile allude al futuro del paese tra Lula e Bolsonaro – o semplicemente ci ricorda che pelegos [moderati, riformisti, “recuperatori” delle lotte, NdT] e jagunços si sono sempre incrociati nella zona grigia degli intermediari popolari.[36]


[1] Il documentario Bloqueio (dir. Victória Álvares e Quentin Delaroche, 2018) ritrae l’atmosfera di quei giorni di flussi interrotti, che forse annunciavano qualcosa di quello che sarebbe successo in seguito. Vedi anche l’articolo scritto a caldo da Gabriel Silva, “A greve dos caminhoneiros e a constante pasmaceira da extrema esquerda”, Passa Palavra, 28 mai. 2018.

[2] Raquel Lopes, “Greve dos caminhoneiros tem baixa adesão e poucos problemas nas rodovias até o início da tarde”, Folha de S. Paulo, 01 feb. 2021. Uno degli strumenti utilizzati per disarticolare la mobilitazione sulle strade, l’infrazione per “l’uso del veicolo per interrompere, limitare o disturbare la circolazione sulla strada”, punibile con una multa esorbitante e la sospensione del CNH, è stato creato dal governo della presidentessa Dilma Rousseff per combattere le manifestazioni dei camionisti per l’impeachment nel 2015 ed è anche frequentemente utilizzato per reprimere il movimento dei rider.

[3] Bersaglio di critiche e boicottaggi da parte degli autisti durante tutto l’anno, le modalità Uber Promo e 99 Poupa si sono estinte alla fine del 2021. Per un resoconto dell’ondata di proteste contro l’alto costo del carburante nella prima metà dell’anno, vedi Comrades in Brazil, “Petrol in the Pandemic: short report of motorised workers’ protests in Brazil”, Angry Workers of the World, 29 mai. 2021.

[4] Vedere Akemí Duarte, “Combustível caro faz motoristas abandonarem apps de corrida”, R7, 14 jul. 2021, “30% dos motoristas por aplicativos abandonam a função em Campinas e região”, Digital, 18 mar. 2021, Jael Lucena, “Motoristas de aplicativo devolvem carros às locadoras após decreto no AM”, D24am, 22 jan. 2022.

[5] Wang Qianni e Ge Shifan, “How One Obscure Word Captures Urban China’s Unhappiness”, Sixth Tone: Fresh voices from today’s China, 4 nov. 2020.

[6] “In modo (…) prosaico, l’“involuzione” agricola o urbana può essere descritta come l’aumento inarrestabile dell’auto-sfruttamento della manodopera (tenendo fissi gli altri fattori), che continua, nonostante la riduzione del reddito, finché produce qualche ritorno o incremento”, scrive Mike Davis, riprendendo il concetto dell’antropologo Clifford Geertz, nel suo studio sull’“involuzione urbana e il proletariato informale” (Mike Davis, Il pianeta degli Slum, Milano, Feltrinelli, 2006). “Tali società hanno bisogno di correre di più e più velocemente – solo per rimanere nello stesso posto e non scivolare” (“Cina: Neijuan 内卷”, Wildcat, n. 107, 1 abr. 2021)

[7] “‘Neijuan’ è ormai diventato il termine che i cinesi urbani usano per descrivere i mali delle loro vite moderne, la loro sensazione di camminare freneticamente sull’acqua in una società ipercompetitiva. Competizione intensa con basse possibilità di successo, sia negli esami di scuola superiore, nel mercato del lavoro (o nel matrimonio!), o quando si fanno straordinari pazzeschi. “Tutti hanno paura di perdere l’ultimo autobus – eppure sanno che è già partito”. (“Cina: Neijuan 内卷”, Wildcat, cit. corsivo nostro).

[8] Come per gli episodi riportati nel seguito, l’estratto è tratto da “Bombing the Headquarters”, Chuang, mai. 2021.

[9] “Cadeirante ameaça explodir agência do INSS com bomba falsa em SP”, UOL, 16 mar. 2021.

[10] Carolina Fernandes, “Homem demitido invade casa de ex-chefe e faz família refém no Sul de SC, diz polícia”, G1, 5 jul. 2021.

[11] “Em Parnamirim (RN), homem joga carro contra UPA após ter atendimento negado”, Diário de Pernambuco, 22 mar. 2021.

[12] João Pedro Pitombo, “Morre policial baleado após dar tiros para o alto e contra colegas no Farol da Barra, em Salvador”, Folha de S. Paulo, 28 mar. 2021.

[13] Gil Santos, “Grupo faz protesto no Farol da Barra após morte de PM”, Correio, 30 mar. 2021.                                        

[14] Vedere Felipe Catalani, “A decisão fascista e o mito da regressão: o Brasil à luz do mundo e vice-versa”, Blog da Boitempo, 23 jul. 2019.

[15] “È stato un colpo finale, vediamo ora cosa ne viene fuori”, spiegava un residente dell’estremo sud di San Paolo il giorno dopo l’elezione di Bolsonaro nell’ottobre 2018. Sei mesi dopo, un altro residente ha detto agli stessi intervistatori: “vedo il paese come una cloaca, un buco. Ogni presidente che entrava, tappava il buco con il cemento. Sono passati quattro anni e ‘oh, il buco è lì: se vuoi risolvere il problema, risolvilo o coprilo anche tu’”. Poi è arrivato il nostro presidente, l’ha tappato, ha lottato per portare Dilma al potere, per tappare il buco. Quando Dilma se n’è andata, Temer è entrato, ha cercato di tappare il buco, ma fregando Dilma. Quando Temer se n’è andato, è arrivato Bolsonaro, e sai cosa ha fatto? Ha rotto il coperchio della fogna. E sarebbe lui a sbagliarsi? Lui ha ragione. Questa fogna risale a prima di Fernando Henrique, è un buco molto grande. Quindi, amico, lui ha solo bucato il buco della fogna. Non c’è più merda nella fossa, è tutto saltato in aria. Io la penso così. (Carolina Catini e Renan Santos, “Depois do fim”, Passa Palavra, 1 nov. 2018 e “Apesar do fim”, Passa Palavra, 10 jun. 2019).

[16] Questa è la formula sintetica usata da João Bernardo per definire il fondamento del fascismo (Labirintos do Fascismo, 3ª versão, revista e aumentada, 2018).

[17] Leo Vinícius, “Que horas Lula volta?”, Passa Palavra, 30 set. 2015.

[18] Fabrício Bloisi (presidente di iFood), “Novas regras para novas relações de trabalho”, Folha de S. Paulo, 21 jul. 2021.

[19] Non si tratta, dunque, di revocare la riforma del lavoro, ma di intraprendere qualcosa che uno degli organizzatori della campagna ha suggestivamente battezzato come “post-riforma”, da realizzarsi, ovviamente, attraverso “la negoziazione tra i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori” (Fábio Zanini, “Regras fiscais precisam ser revistas, diz coordenador econômico de plano do PT”, Folha de S. Paulo, 11 jul. 2021 e C. Seabra e C. Linhares, “Petistas procuram Alckmin para desfazer ruído com fala de Lula sobre lei trabalhista”, Folha de S. Paulo, 10 jan. 2022).

[20] “Lula oggi si è espresso per una ri-statizzazione di ciò che sta venendo privatizzato di Petrobras e per prezzi del carburante senza parità internazionale. In questo momento molti camionisti e autisti di piattaforma stanno letteralmente smettendo di lavorare perché l’attività è diventata impraticabile con il prezzo del carburante. (…) Un nuovo governo Lula sarà un governo in cui l’orizzonte delle aspettative non dovrà essere più grande della possibilità di guadagnarsi da vivere lavorando in una piattaforma”. (Leo Vinícius, 10 mar. 2021).

[21] “iFood terá 50% de mulheres na liderança e 40% de colaboradores negros até 2023”, iFood News, mai. 2021 e Pablo Polese, “A política identitária do Ifood”, Passa Palavra, nov. 2021.

[22] È rivelatore che uno dei principali interlocutori di iFood con i rider mostri nel suo curriculum esperienze in programmi in cui l’“inclusione sociale” attraverso “l’educazione all’arte” fa parte di uno sforzo di “pacificazione dei giovani e dei territori più precari”, come le Fábricas de Cultura a San Paolo (vedi Dany e outros, “Rebelião do público-alvo? Lutas na fábrica de cultura”, Passa Palavra, 18 jul. 2016).]

[23] Gabriela Moncau, “iFood assina compromisso com entregadores escolhidos pela própria empresa e não aumenta repasse”, Brasil de Fato, 16 dez. 2021.

[24] Luis Felipe Miguel, “Favorito em 2022, Lula pode normalizar desmonte do país se ceder demais”, Folha de S. Paulo, 14 ago. 2021. Quando ha assunto il governo federale all’inizio degli anni 2000, il PT ha svolto un ruolo analogo, completando e approfondendo, con l’aiuto della sua capillarità sociale, lo “stato di emergenza economica” attuato nelle amministrazioni dei suoi predecessori e criticato dal partito quando era all’opposizione (Vedi, per esempio, Leda Paulani, Brasil delivery, São Paulo, Boitempo, 2008).

[25] Per tutta la prima metà del 2021, stiamo abbiamo assistito a una profusione di lotte corporative per la priorità nell’ordine di vaccinazione. Ora, solo le “categorie” chiaramente identificabili, dove il lavoro “in prima linea” mantiene una qualche forma, possono reclamare un posto speciale in fila. Naturalmente, la priorità è stata limitata ai lavoratori con contratti a tempo indeterminato o determinato, diplomati o comunque con contratti regolati dalla CLT: insegnanti, poliziotti, lavoratori della metropolitana, autisti di autobus, biologi, ecc. Per molti di loro, la conquista ha significato immediatamente un ritorno anticipato al lavoro in presenza – di regola, prima dell’immunizzazione completa. Nelle parole di un lavoratore della metropolitana, “il vaccino è diventato il nuovo ‘trattamento precoce’. Non importa se distribuiscono vaccini o clorochina. L’importante è continuare a lavorare, indipendentemente dal fatto che ne muoiano mille o quattromila al giorno. Nelle mani dei capitalisti, il vaccino è un’arma in più per imporre il ritorno al lavoro”. (Um funcionário do Metrô de São Paulo, “Prioridade para os trabalhadores do transporte?”, Passa Palavra, 14 abr. 2021).

[26] “In effetti, l’appassimento ha finito per essere un elemento importante, un charme” (Eduardo Moura, “‘Piroca verde e amarela’ do 7 de Setembro é gigante pela própria natureza, diz autor”, Folha de S. Paulo, 15 set. 2021).

[27] Tra le ragioni di una tale differenza tra i tentativi falliti di blocco dei camionisti autonomi contro l’aumento del carburante e la mobilitazione a sostegno di Bolsonaro, c’è il sospetto dell’appoggio dell’agribusiness e delle imprese di logistica, entità che però si sono posizionate in maniera contraria ai blocchi iniziati il 7 settembre. L’audio del presidente che circolava nei gruppi WhatsApp della categoria la mattina dopo si allontanava dalla retorica esplosiva dei giorni precedenti e chiedeva di liberare le strade per “seguire la normalità”. Mentre alcuni dei leader della protesta, per i quali era troppo tardi per fare marcia indietro, sono stati lasciati al loro destino, Bolsonaro è stato accusato di tradimento sui social network, dove alcuni hanno parlato di “game over” (“O que se sabe sobre paralisação de caminhoneiros que atingiu 15 Estados”, BBC, 8 set. 2021 e “‘Game over’: a decepção e revolta de bolsonaristas com recuo de Bolsonaro”, BBC, 9 set. 2021).

[28] L’espressione è di Bolsonaro, recuperata nell’articolo di Gabriel Feltran, da cui proviene anche la seguente citazione (“Forme elementari della vita politica”, cit.).

[29] Come ha notato un acuto osservatore, “la vista di invasori che prendono furiosamente d’assalto il Senato e chiedono che Mike Pence si riveli; di un uomo in abiti proletari con i piedi sulla scrivania nell’ufficio della (…) miliardaria Nancy Pelosi; e del perverso divertimento che la maggior parte di loro sembrava provare, forniscono potenti immagini politiche (…), per quanto effimere”. “In un paese dove la maggior parte dei cittadini non vota”, dove “la violenza dilagante, la dipendenza, le sparatorie di massa e le epidemie di suicidio attestano una profonda mancanza di speranza che qualcosa possa essere fatto per migliorare la vita quotidiana”, essi “riaffermano nella mente di milioni l’idea che misure drastiche possano essere prese dalla gente comune” (Jarrod Shanahan, “The Big Takeover”, Hardcrackers, 7 gennaio 2021).

[30] I blocchi che hanno fermato il Brasile tre anni fa sono spesso evocati come riferimento dai rider – alcuni hanno persino portato cibo agli scioperanti nel 2018 e sognano un sindacato che interrompa i flussi nelle città e nelle strade di tutto il paese. Sullo sciopero dell’11 settembre 2021, vedi Treta no Trampo, “Almoço brecado”, Instagram, 11 set. 2021 e “Teve jantar brecado em SP”, Instagram, 11 set. 2021.

[31] Treta no Trampo, “Entregadores de aplicativo bloqueiam Zé Delivery Jabaquara”, Instagram, 9 set. 2021.

[32] Amigos do Cachorro Louco, “Entregadores de app de São José dos Campos completam 6 dias em greve”, Passa Palavra, 16 abr. 2021 e Ingrid Fernandes e Victor Silva, “Como uma greve de entregadores no interior de SP enquadrou o iFood”, Ponte Jornalismo, 20 set. 2021.

[33] Treta no Trampo, “Manual de como brecar um shopping”, Instagram, 29 ago. 2021.

[34] Vedere Amigos do Cachorro Louco, “Greves de entregadores no interior de São Paulo já completam 7 dias”, Passa Palavra, 14 out. 2021 e Gabriela Moncau, “Greves de entregadores contra apps de delivery se espalham e já duram dias”, Brasil de Fato, 11 out. 2021.

[35] Durante la mobilitazione a São José dos Campos, oltre a “sconnettersi da alcuni ristoranti senza alcun preavviso” e a fare pressione sugli stabilimenti per riprendere le consegne, iFood ha minacciato di usare presunte “registrazioni di rider che si lamentano dello sciopero” e ha fatto sapere agli scioperanti “che la polizia potrebbe iniziare a comparire nei luoghi picchettati” (Renato Assad, “Entregadores de São José dos Campos recuperam métodos históricos de luta e emparedam Ifood”, Esquerda Web, 24 set. 2021).

[36] “Nei contesti più popolari, i leader locali diventano intermediari di un’enorme quantità di relazioni, regolando tutto, dalle questioni commerciali, domestiche, comunitarie, politiche ecc. e svolgendo il ruolo di accentratori di richieste e di articolatori della comunità con agenti esterni”. Come nota Isadora Guerreiro, questi intermediari sono figure necessariamente ambigue: allo stesso tempo in cui “sono parte della comunità, si appoggiano alla sua esistenza e alle sue reti, avendo bisogno di mantenerle e incoraggiarle”, i loro interessi economici “pongono chiari limiti a questo partenariato”. “Non sorprende che nei resoconti dello sciopero di São José dos Campos, i commercianti appaiono prima come sostenitori e poi come deflagratori di una probabile violenza se non ci sarà una negoziazione”. (Isadora Guerreiro, “Lições do Breque entre a cidade e o trabalho”, Passa Palavra, 27 set. 2021).

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