La Barba di Fidel. Poesia bilingue dal NordAmericaLatina

La barba di Fidel
In un angolo remoto del pomeriggio sei diventata città e cielo
hai ordinato pioggia fresca estiva alla cameriera
per affogare gli ultimi rimasugli di sobrietà
che ci rimanevano tra le mani.
Hai donato un paio di nomi e colori a un cane randagio
senza saperne nulla di pittura o poesie deliranti
e una cascata di birra s’è congelata in caduta libera
sui tuoi pensieri più assetati e nascosti
morti d’insonnia insieme ad altri che dicono d’essere miei.
Un’altra ora d’arte e ti sei allontanata immortale
proprio come l’avevamo sempre immaginato
ma come fai mentre dormo a rubarmi una costola e una promessa?
“Taglierò un ciuffetto di barba al vecchio Fidel e sarà per te”.
Così tanto era impazzita la mia voce bruciata!
Naviganti tra le rime e l’antica violenza del NordAmericaLatina
abbiamo frustato i nostri ricordi e i sapori dell’avvenire
ci hanno deriso, noi due, infinite rarità dell’altro mondo.
Metteremo da parte i silenzi tatuati su parole di piuma
lievi come soffi di cannella sul caffè che ancora ti devo
e la pioggia che hai voluto, vedi, è caduta pura puntuale, vedi, l’ho scritta.
La città complice danzando strada dopo strada
coi suoi angoli distratti e i vicoli ciechi addormentati
gli anfratti solitari in cerca di compagni d’avventura
ha finto di chiudere il suo occhio attento di sorella maggiore
durante le vertigini ammiccanti della sera, senza rimproveri
baci di labbra identiche per solitudini così diverse.
In fin dei conti, siamo risa e pianti in comune
ci sorridiamo da lontano, ci assomigliamo da vicino
ci spegniamo in un silenzio stellare di luce giovane
scompariamo nell’aldilà del paradiso in terra
galleggiamo in mari di vita orizzontale e svenimenti
divine rivoluzioni come la verità che impariamo:
il vino e le gambe insegnano che non possiamo più separarci.
Sto consegnando una lettera ad un gelido schermo addolorato,
un server schiavo collegato a una scossa di fibra ottica
e, infine, alle tue pupille ipnotizzate da questa meraviglia
che è arrivata giusto in tempo, assecondando i miei sogni
in attesa di segnali, errori ed accenti da parte tua
mentre abito le ultime ore come un diavolo innamorato
che quando se n’è accorto era troppo tardi
e aveva già bruciato tutta la barba del povero Fidel.

La barba de Fidel
En un remoto rincón de la tarde fuiste ciudades y cielos
le pediste lluvia fresca de verano a la mesera
para ahogar a los estragos de sobriedad
que nos quedaban en las manos.
Donaste un par de colores y nombres al perro callejero
sin saber de pintura o de poesías delirantes
y una fuente de cerveza se congeló en caída libre
sobre tus pensamientos más sedientos y escondidos
desvelados junto a otros que dicen ser míos.
Otra hora de arte y te marchaste inmortal
así como lo imaginamos muchas veces
y mientras duermo ¿Cómo me robas una costilla y una promesa?
“Cortaré un mechón de barba al viejo Fidel y será para ti”.
¡Tanto había enloquecido mi voz quemada!
Navegante por las rimas y la antigua violencia del NortAmericaLatina
azotamos nuestros recuerdos y los sabores del porvenir
se rieron de nosotros, los dos, infinitas rarezas del otro mundo.
Guardaremos los silencios tatuados en miradas de pluma
leves como soplos de canela sobre el café que aún te debo
y la lluvia que quisiste, ves, cayó pura puntual, ves, la escribí.
La ciudad cómplice danzando calle tras calle
con sus esquinas distraídas y los ciegos callejones dormidos
zaguanes solitarios en busca de compañeros de aventura
fingió cerrar su ojo atento de hermana mayor
durante los vértigos traviesos del atardecer, sin regaños
besos de labios idénticos para soledades tan distintas.
Al fin y al cabo, somos risas y llantos en común
nos sonreímos de lejos, nos parecemos de cerca
nos apagamos en un silencio estelar de luz joven
desaparecemos en el más allá del paraíso en tierra
flotamos en mares de vida horizontal y desmayos
revoluciones divinas como la verdad que aprendemos:
el vino y las piernas enseñan que no nos podemos separar.
Estoy entregando esta carta a una fría pantalla dolida,
a un esclavo servidor conectado a un toque de fibra óptica
y, en fin, a tus pupilas hipnotizadas por esta maravilla
que llegó justo a tiempo, secundando mis sueños
en la espera de señas, errores y acentos de tu parte
mientras habito las últimas horas como un diablo enamorado
que cuando se dio cuenta, era demasiado tarde
y ya le había quemado toda la barba al pobre de Fidel.
…..
Por/Di Fabrizio Lorusso (¿?)

1 Comment

  1. bravo fabri che bella fotografia, mi sembra di avervi visto dell’alto o da dentro li in ammerica!
    mi piace il tuo osare un pò latino un pò nostro generoso e profondo.
    leggerò ancora.
    que la suerte te abra los caminos de la inspiracion!
    un abrazo grande

    "Mi piace"

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