di Stephanie Demirdjian da La Diaria
Il motivo della sua esplosione, le critiche ai testi machisti e il risveglio del reguetón femminista
Nell’ottobre del 2016 il cantante colombiano Maluma ha pubblicato la canzone “4 babys”, dove racconta del legame con quattro donne e descrive in maniera piuttosto esplicita quello che voleva fare – e che fa – insieme a loro in camera da letto: “Estoy enamorado de cuatro babies / siempre me dan lo que quiero / chingan cuando yo les digo / ninguna me pone pero”. “Sono innamorato di quattro ragazze / mi danno sempre quello che voglio / mi scopano quando glielo dico / e nessuna fa mai obiezione”.
La canzone è diventata rapidamente una delle più ascoltate dell’anno. D’altra parte, ha generato una reazione massiva di ripudio da parte di attiviste femministe, accademiche, giornaliste e utenti delle reti sociali; che la consideravano una canzone dal contenuto machista che promuove la violenza di genere, oggettivando la donna e alludendo a relazioni sessuali non consenzienti. Il rifiuto è stato tale che è stata lanciata una petizione sulla piattaforma online Change.org per chiedere che il video venisse ritirato da YouTube. L’iniziativa ha raccolto circa 92.700 firme.
Dopo tre anni il video è ancora lì, accumulando milioni di visualizzazioni ogni mese e Maluma è riconosciuto, ancora oggi, come uno degli artisti più famosi del pop latino, della trap e del reguetón.
Da qui, la polemica è proseguita focalizzando il dibattito sulla presenza di contenuti machisti nel reguetón, un genere musicale ascoltato da tutte e tutti quotidianamente – non solo nelle discoteche e raggiungibile con un clic di distanza, ma anche quando siamo al supermercato, quando viaggiamo sui mezzi pubblici o in sala d’attesa dal dentista. Contemporaneamente, ha avuto inizio la discussione mediatica sul motivo per cui una musica che promuove la misoginia in maniera così esplicita, può essere ascoltata su tutte le frequenze radiofoniche ed è presente in tutte le classifiche musicali.
La etnomusicologa spagnola Silvia Martinez, che si è dedicata nell’ultimo tempo a studiare i ritmi urbani secondo una prospettiva di genere, cambia la domanda e solleva la questione: per quale motivo il reguetón ci preoccupa tanto e fa suonare tutti gli allarmi, mentre altre canzoni rock o pop ugualmente misogine ci preoccupano meno? La domanda nasce secondo la visione che sì, effettivamente il reguetón più mainstream è machista, però con la consapevolezza che anche tutti gli altri generi musicali lo sono. E quindi: perché il reguetón è così speciale?
“Perché il reguetón preoccupa? Per il suo contenuto machista e per la violenza proposta nei confronti delle donne” ha dichiarato Martinez il mese scorso a Montevideo, durante una conferenza sul reguetón e il femminismo presso la Scuola Universitaria di Musica dell’Università della Repubblica. “Anche altre musiche sono però ugualmente sessiste. Qualcuno si è mai messo ad analizzare i testi dei Beatles o di altri gruppi rock indie? Se ascoltassimo in maniera critica quello che passa in radio, non salveremmo neanche una canzone” ha detto la specialista in musica.
Prima di proseguire con l’intervento, l’esperta ha chiarito che la sua analisi presenta una chiara impronta europeista. A tal proposito, ha voluto chiarire che in Spagna “trap, reguetón, electrolatino, bachata, salsa, cumbia, pop latino, sono un po’ la stessa cosa: a questo pacchetto diamo la definizione di ‘reguetón’”. Cosa hanno in comune tutte queste musiche? Martinez risponde: “Hanno un ritmo ballabile, si possono identificare come musica d’origine caraibica, sono cantate in lingua spagnola, hanno un testo con chiari riferimenti sessuali, una base elettronica e videoclip dal contenuto lascivo dove dev’essere presente il perreo, ragazze seminude e sensualità esplicita”. Quando si critica il reguetón si sta parlando in generale di tutti questi generi. La etnomusicologa ha rimarcato con enfasi l’importante aspetto che tutta questa musica sia cantata in castigliano perché, come ha precisato, esistono canzoni con testi ancor più scandalosi e che superano il test anti machismo solo per avere un testo scritto in lingua inglese e un ritmo più elettronico (o meno latino). Ha fatto l’esempio di “Blurred Lines” di Robin Thicke e Pharrell Williams, uscita nel 2013, che tra le altre cose dice: “Él trató de domesticarte / pero sos un animal, bebé, está en tu naturaleza / […] sos la perra más caliente del lugar”. “Lui ha provato ad addomesticarti / però sei un animale, baby, questa è la tua natura / […] sei la cagna più calda del posto”.
Che succede quindi con il reguetón?
Per spiegare quindi per quale motivo il reguetón generi più opposizione rispetto ad altri generi musicali altrettanto machisti, la etnomusicologa ha avanzato tre motivazioni. La prima ha a che vedere con il ruolo assunto, negli ultimi anni, dai movimenti femministi, che hanno raggiunto visibilità e che hanno denunciano le pratiche machiste ormai naturalizzate nella società. “Oggi è presente una sensibilità che permette che certe cose non passino inosservate. Fino ad oggi avevamo lasciato passare qualsiasi cosa”, ha confermato Martinez, assicurando che l’industria culturale non è estranea a tutto questo. Tra gli esempi più significativi ci sono la forza raggiunta dal movimento #MeToo in denuncia degli abusi sessuali nell’industria cinematografica statunitense, e il duro colpo ricevuto dal mondo della musica classica, in seguito alle denunce di molestia sessuale nei confronti del cantante spagnolo Plácido Domingo.
Le discussioni sul femminismo hanno iniziato ad apparire anche in seguito alla questione sulla musica popolare, sostiene l’esperta, e il reguetón viene tenuto in considerazione dal momento che il messaggio dei testi è esplicito, i video sono evidenti, e lo si può ascoltare dappertutto. Non si possono non considerare testi che, per esempio, propongono: “Si te falto el respeto / y luego culpo al alcohol, / si levanto tu falda / me darías el derecho / a medir tu sensatez”. “Se ti manco di rispetto / e poi do la colpa all’alcol, / se ti tiro su la gonna / mi daresti diritto / di misurare il tuo buonsenso” (Propuesta indecente, Romeo Santos).
Un altro motivo che spiega la particolarità del reguetón sta nel fatto che queste musiche latine abbiano tutte raggiunto i primi posti in classifica in pochissimo tempo, di fatto, rivoluzionando l’industria. “Era praticamente scomparso il rhytm and blues e da dieci anni il pop era alla base di quasi tutta la musica che passava alle più grandi emittenti radiofoniche”, ha spiegato l’etnomusicologa. “All’improvviso, e in pochissimo tempo, hanno iniziato ad avere molto successo i ritmi latini, marcando un gran cambiamento nell’industria musicale. Le case discografiche hanno smesso di avere pieni poteri e di controllare il mercato, e d’altro canto si è smesso di vendere dischi dal momento che si è iniziato ad ascoltare la musica su Spotify e Youtube”, ha precisato.
Il terzo argomento proposto da Martinez riguarda la questione di classe e la nazionalità: la critica europea al reguetón è in realtà, sostiene la studiosa, il rifiuto di un tipo di musica ascoltata tra i ceti bassi della popolazione e tra gli immigrati. L’analisi dell’esperta parte da una domanda concreta: per quale motivo, la salsa e la lambada, ritmi latini ugualmente sensuali ed espliciti, non sono mai stati messi in discussione nel momento del loro arrivo in Europa durante gli anni ’90? Di fatto, fino a quando non hanno causato scalpore. Qual è la differenza tra quei ritmi e quelli di oggi?
Il contesto storico
La salsa è arrivata in Spagna in un momento di prosperità economica, quando il paese era da poco entrato a far parte dell’Unione Europea ed era diventato meta di immigrazione, ha raccontato Martinez. Lo stato ha messo in atto, per questo motivo, una politica delle quote, dove si decideva con i paesi confinanti chi poteva entrare nel paese e chi no. Gli immigranti erano soliti scegliere la Spagna per la vicinanza geografica – come nel caso dei migranti sub sahariani – o per una questione storica, linguistica e di vicinanza culturale – America Latina. I quegli anni le leggi hanno favorito parecchio questo tipo di immigrazione: le persone provenienti dall’America Latina potevano far richiesta di cittadinanza dopo due anni di residenza, gli altri erano costretti ad aspettarne dieci.
Per Martinez, la decisione di favorire le persone “culturalmente compatibili” a spese di una immigrazione “islamica” o “nera”, si fondava su una base chiaramente razzista. Per queste ragioni, le musiche arrivate in seguito alle ondate latinoamericane erano percepite “gentilmente” senza che qualcuno avesse interesse ad analizzarne il contenuto.
La situazione è cambiata con la crisi che ha sconvolto l’Europa a partire dagli anni 2000. “Questa crisi coincide con l’arrivo delle ultime musiche latine appartenenti all’ultima ondata. Adesso nessun migrante è culturalmente compatibile, nessun migrante è il benvenuto e non ha importanza il suo paese d’origine”, ha spiegato la etnomusicologa.
“Come succede sempre nel momento in cui comincia una crisi economica, i colpevoli della mancanza di lavoro e della condizione di miseria non sono mai le strutture stesse, bensì le persone che stanno all’ultimo gradino della scala sociale. Quindi, a livello strutturale, secondo una retorica xenofoba, il discorso secondo il quale ‘i latinoamericani sono i machisti che vengono a rubare e a violentare le nostre donne’ inizia ad essere utilizzato in maniera via via sempre più esplicita” ha proseguito.
La cultura musicale che è arrivata in quegli anni insieme a loro ha lo stesso marchio, specialmente il “pacchetto reguetón”. Questo genere musicale “ha un marchio di classe importante”, ha detto Martinez a tal proposito, dal momento che agli occhi di tutta Europa “sono musiche corporee, razzializzate, che provengono dalla cultura nera, dai poveri, dagli immigrati e dai machisti”. Si tratta di quello che prende il nome di purple washing, riassume Martinez: la critica al reguetón con argomentazioni femministe – “tutti i testi sono machisti” – per sostenere idee xenofobe e classiste.
Tutto questo per concludere che il reguetón è sì un genere machista, però non molto più degli altri generi musicali. Succede che il contesto attuale e l’effervescenza dei femminismi, oltre al boom del genere musicale, di per sé sommato al classismo e al razzismo, fanno in modo che si trovi nell’occhio del ciclone.
Un’argomentazione simile a quella di Martinez è stata proposta dalla giornalista e scrittrice Catalina Ruiz-Navarro, nel suo libro Las mujeres que luchan se encuentran. Manuale de feminismo pop latinoamericano (2019), quando afferma: “Se tutti i generi musicali sono razzisti, per quale motivo focalizzarsi contro il reguetón? Razzismo e classismo nelle loro versioni più edulcorate, sottili ed ‘eleganti’ e meno incoraggianti, dal momento che si suppone che il mondo accademico fornisca gli strumenti per non credere a questi ridicoli pregiudizi”. E aggiunge: “Ottimo che il pubblico critichi i suoi artisti favoriti chiedendo un contenuto femminista. Magari questo potrebbe avere un effetto sul tipo di contenuti prodotti da Maluma. Maluma è però libero di fare quello che vuole, non è colui che deve prendersi l’onere e la responsabilità del tipo di educazione sessuale che dovrebbe impartire lo stato. ‘Sono i testi ad essere offensivi’, dicono. È vero però, che il machismo è presente in tutti i generi musicali”.
Secondo Ruiz-Navarro, per cambiare i testi musicali misogini “non basta cambiare la musica dalle fondamenta”, bensì “si deve lavorare in maniera integrale per farla finita con il sessismo”. “Allarmarsi davanti ai violenti testi reguetón non cambierà la misoginia”, avverte; “combattere la misoginia cambierà i testi”.

Il perreo femminista che ci dà potere
“Se non posso perrear non è la mia rivoluzione” scriveva la spagnola June Fernandez nella metà del 2013 sul suo blog, dopo aver passato qualche mese a Cuba scoprendo il piacere di muovere i fianchi al ritmo di reguetón, senza alcun tipo di inibizione. “A dire il vero provo più piacere nell’ascoltare e nel ballare altri tipi di musica, ma l’immagine della femminista che perrea rompe gli schemi, mi fa impazzire e per questo mi lascio andare. (Lo faccio) Per la gente che ha pensieri antifemministi e che sostiene lo stereotipo secondo il quale noi femministe siamo emarginate, sessualmente represse e incapaci di goderci la vita prendendo tutto troppo sul serio. Per molte femministe, che una di loro provi piacere strofinando volontariamente il sedere sul pacco del primo che capita può generare un interessante cortocircuito”. L’irriverenza dell’articolo ha causato molta agitazione al momento della sua pubblicazione in Spagna. Il blog ha avuto milioni di ingressi, migliaia di commenti online e centinaia di condivisioni su diverse piattaforme.
A distanza di sei anni, la premessa di Fernandez non causa ormai nessuna sorpresa e si è convertita, anzi, in uno dei motti della nuova generazione. Oggi, donne giovani provenienti da differenti continenti, rivendicano il perreo come uno strumento femminista in grado di ridefinire il reguetón. Il perreo è per loro un rituale in grado di dare maggior potere. Muovere il culo è un atto politico.
Nel suo ultimo libro, Ruiz-Navarro sostiene che “la donna che perrea liberamente decide quando, quanto, come, e con chi perrear. Con queste condizioni, muovere il sedere può sperimentarsi come un atto che dà potere, nella stessa maniera secondo la quale il rapporto sessuale consenziente ci erge a un ruolo di potere”. Ed è un atto che dà potere dal momento che “ci obbliga a mettere in mostra un sedere che invece ci chiedono di nascondere, e perché la sfrontatezza è anch’essa una forma di resistenza a una società dai valori puritani, un’affermazione sul fatto che esistiamo al completo, che non esiste nessuna divisione tra la mente e il corpo, tra l’animale e la persona”.
Il perreo femminista non è la sola risposta al reguetón machista. Negli ultimi anni si è sviluppata una corrente di reguetón femminista e lesbico in rivendicazione della sessualità e del desiderio femminile, riaffermando il perreo come uno strumento di goduria a sé, non dedicato all’uomo.
Forse la pioniera è stata la cantante portoricana Ivy Queen, quando nel 2003 ha lanciato la canzone “Quiero bailar” che aveva strofe come “Yo te digo si tú me puedes provocar / eso no quiere decir que pa’ la cama voy” (Io ti dico se tu puoi provocarmi / ma questo non significa che venga a letto con te) o “Porque yo soy la que mando / soy la que decide cuándo vamos al mambo” (Dal momento che sono io quella che comanda / sono io quella che decide quando ci spingiamo oltre). Un ristretto gruppo di artiste latinoamericane come la colombiana Karol G. o la brasiliana Anitta, sono coloro che oggi trattano queste tematiche nelle loro canzoni.
Più vicini all’Uruguay, il gruppo argentino Chocolate Remix è probabilmente una delle facce più riconoscibili del reguetón lesbico e femminista. “Estás borracho y sos tremendo mamarracho / te hacés el macho / Sabés que soy una feminista / pero no quieres que me resista / Sabés muy bien que sos un forro sexista / y estás molesto porque me pasé de lista”. “Sei ubriaco e tremendamente ridicolo / fai il macho / sai che sono una femminista / però non vuoi resistermi / sai molto bene di essere un gondone sessista / e ti da fastidio perché sono troppo furba”, cantano le artiste nella canzone “Te dije que no” (“Ti ho detto di no”).
La etnologa Silvia Martinez ha affermato durante la conferenza che nonostante il reguetón femminista e lesbo stia emergendo con forza – specialmente in America Latina – quello che si ascolta in radio e raggiunge i primi posti in classifica è l’altro, quello dello stile di Maluma, “perché l’industria favorisce un certo tipo di messaggio e non altri”. Tuttavia, sembra che questo sia solo l’inizio.