Propongo in questo spazio un video con un breve articolo di commento di Cristina Oddone che riassume i motivi della protesta No Tav-No Gronda di numerose associazioni della società civile genovese e non solo che s’uniscono al disagio e alla decadenza causati dai tagli alla cultura e all’università
Un concerto di musica lirica nella Chiesa di San Martino a Murta, un piccolo borgo medievale nel comune di Genova, in solidarietà al presidio No Tav e No Gronda (la grande bretella in progetto per il nodo autostradale genovese) è stata vista come una provocazione dalla direzione del Teatro Carlo Felice. Le più di 500 persone che domenica affollavano la chiesa, messa a disposizione dal parroco per l’assemblea popolare, hanno quindi assistito ad un concerto muto, ed è stata molto forte la commozione della comunità nel prendere atto che nel nostro paese anche suonare è ormai diventato un gesto di protesta considerato radicale. Una giornata molto partecipata – organizzata dai comitati in difesa del territorio, il comitato precari liguri della scuola, il meet up Valpolcevera, e l’Assemblea di Ricercatori e Ricercatrici Genovesi – in solidarietà al presidio di fronte alla prima trivella installata dalla Società Autostrade, che doveva concludersi con un quartetto di ottoni, prima del divieto di domenica mattina. A partire da maggio i musicisti del Carlo Felice hanno protestato come meglio sanno fare: portando la musica lirica in ogni angolo della città, finalmente fuori dal tempio sacro del teatro, in mezzo ai cittadini, nei cortili dell’Università, davanti alla sede del Comune e della Prefettura. Mozart, Brahams e anche qualche simbolica marcia funebre per dimostrare a Genova la loro resistenza, in un momento molto drammatico per la storia d’Italia, patria degli strumenti e della musica classica, dove oggi la lirica è il primo settore della cultura a subire i tagli disposti dal Governo. I dipendenti del Teatro di Genova vengono accusati del fallimento di un sistema fatto di cattive gestioni e accumulo di deficit, per il quale stanno pagando con la possibile perdita del salario e del posto di lavoro. A fronte della proposta di applicare, per la prima volta in Italia, la cassa integrazione in deroga ai 300 dipendenti del teatri, stabilita dall’accordo tra il Ministro della Cultura Bondi e la Sindaco Marta Vincenzi, i lavori hanno offerto come soluzione momentanea la decurtazione voluntaria dello stipendio, rifiutata con decisione dal Consiglio di Amministrazione. Dopo l’approvazione del Ministero ai contratti di solidarietà, a partire da dicembre, questa settimana ci sarà l’incontro con i sindacati che definirà l’esito della vicenda.
Anche se constretta al silenzio, c’è una parte d’Italia che continua a organizzarsi, a tessere relazioni di solidarietà, a cercare modi e forme per far sentire la propria voce o, almeno, a vivere insieme la resistenza alla crisi economica-politica-sociale e culturale attuale.