Strage di #PlayadelCarmen: tragica quotidianità in #Messico

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[Da Huffington post] Il 16 mattina, pomeriggio in Italia, ci siamo svegliati in Messico con l’ennesima notizia di una strage, questa volta in un importante centro turistico dei Caraibi messicani, Playa del Carmen: una sparatoria all’entrata di una discoteca tra diversi soggetti armati, 5 assassinati (una messicana e quattro stranieri, di cui uno italiano, Daniel Pessina), 15 feriti e la notizia che rimbalza immediatamente su internet e sui media tradizionali.

All’inizio le autorità hanno escluso il movente terrorista e ipotizzato il (solito) regolamento di conti o l’estorsione, quindi la pista “narcos” che, va detto, viene spesso utilizzata come pass-partout, valido per qualsiasi situazione e adatto, in molte occasioni, a criminalizzare le vittime o a far passare l’idea che “si ammazzano tra di loro”. Non è il caso perché qui ci sono vittime straniere e pare che non ci siano poliziotti coinvolti da “giustificare”. Oggi il governatore del Quintana Roo ha parlato di un litigio tra due persone, cercando di liomitare ancor di più le possibilità di analisi e interpretazioni che possano spiegare meglio il contesto. 

La rilevanza mediatica del caso si amplia, probabilmente, perché riguarda la morte violenta di stranieri durante un festival di musica elettronica internazionale come il BPM, che da 10 anni richiama tra le 70mila e le 80mila persone a Playa del Carmen, città sita a sud di Cancun . A Playa del Carmen, tra l’altro, vivono circa 5000 italiani. Si tratta, di fatto, della comunità italiana più grande dopo quella di Città del Messico.

Un altro caso eclatante, molto simile alla strage nella discoteca gay di Orlando, negli USA, passò in sordina, totalmente dimenticato dai media internazionali: il 22 maggio 2016 un gruppo armato irruppe e fece fuoco in un discoèub gay di Xalapa, nel Veracruz, uccidendo 7 ragazzi e ferendone aleno 12. In pochi ne parlarono all’estero e, in Messico, il movente delle droghe predominò e “si chiuse” il caso, anche se in realtà era molto simile a quello di Orlando, che tanto scalpore suscitò nel mondo. La comunità omossessuale scomparve e si parlò solo di presunti narcos, come sempre.

Non sono ancora chiare le dinamiche del crimine di Playa del Carmen, ma pare ci sia accordo tra la procura e i testimoni circa il fatto che verso le 2:30 del mattino ci sia stato uno scontro a fuoco tra un soggetto che pretendeva di entrare nella discoteca Blue Parrot, dove era in corso la serata di chiusura dei 10 giorni del festival, e un addetto alla sicurezza per cui in seguito sono intervenute altre persone, probabilmente gli altri security, e sono rimasti uccise. La ragazza deceduta, invece, è stata travolta dalla folla impanicata e soffocata. Il presunto omicida sarebbe fuggito, mentre i quattro arrestati ieri, presi in diverse zone della città, sarebbero “complici”, ma nulla è stato confermato al riguardo.

Potrebbe trattarsi dei soliti arresti random che spesso le autorità messicane decidono di compiere per assicurare di fronte ai media che stanno facendo il loro lavoro, salvo poi creare colpevoli e confessioni forzate per “chiudere il caso”. Oppure potrebbero essere, secondo alcune ipotesi circolate più o meno ufficialmente o sui media locali (come Noticaribe), dei pusher che l’omicida stava tentando di far introdurre nella discoteca per aumentare la capacità di spaccio in una nottata “molto piena”. Al vedersi rifiutare l’entrata, il soggetto sarebbe tornato armato e avrebbe provocato una rissa, o meglio, avrebbe sparato. Altre ipotesi circolate ieri sulla stampa locale parlano di membri del Cartello del Golfo.

La zona dello Yucatan e le coste del Golfo del Messico fino a Veracruz e Tamaulipas sono oggetto di una disputa territoriale decennale tra il Cartello del Golfo e gli Zetas, ma la zona di Cancun-Playa del Carmen, cuore economico della Riviera Maya, sono rimaste relativamente protette dalla violenza estrema che invece ha colpito altre regioni del Paese negli ultimi, dato che si tratta di reddittizi mercati di consumo e di zone di transito verso l’Europa (dunque strategiche, da mantenere “pacificate”). La ‘ndragheta se n’e’ accorta oltre dieci anni fa e mantiene aperti i canali che passano dallo Yucatan per la coca e l’eroina. Vincenzo Salzano e suo figlio, Armando, trafficanti italiani residenti da anni a Playa del Carmen e vincolati, secondo la stampa locale, a cosche della ‘ndrangheta, stanno scontando negli Stati Uniti pene di 5 e 4 anni di reclusione per possesso di cocaina per la distribuzione negli USA. Nell’Atlante delle Mafie, edito nel 2012 da Rubbettino e curato da Forgione, Sales e Ciconte, si segnalano puntualmente le attività note di Cosa Nostra a Monterrey e Matamoros e di varie cosche della ‘ndrangheta nel Golfo del Messico e a Guadalajara.

Una strage come questa e la cancellazione delle edizioni future del festival, già annunciata dalla sindachessa di Playa del Carmen, rappresenta un grosso colpo d’immagine ed ha già suscitato le reazioni energiche delle associazioni patronali della regione, ma evidenzia soprattutto che il sistema d’impunità e i patti narcos-stato possono saltare facilmente e venire evidenziati pubblicamente. Rischiano, come si dice in gergo, di “calentar la plaza”, di scaldare la zona. “Scaldarla” tanto per i narcos quanto per le autorità, che finiscono al centro dell’attenzione per qualche giorno.

Come quando, il 3 marzo 2007, scoppiò il caso del cittadino italiano Simone Renda, turista originario di Lecce, fu prelevato dalla polizia e poi presentato senza vita in una prigione della località yucateca. Sei funzionari dello Stato messicano, giudici qualificatori, poliziotti e dirigenti del carcere, coinvolti I sei sono stati condannati dalla corte d’assise di Lecce per concorso in omicidio volontario e per violazione dell’articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

In Messico per un giovane è più facile statisticamente morire di omicidio, vittima della criminalità comune, di quella organizzata o delle stesse forze dell’ordine (polizie locali, statali, federali, militari, gendarmeria, ecc…), che per un incidente stradale. Anche se in Europa è calato un silenzio mediatico sul conflitto interno messicano, l’anno scorso gli omicidi dolosi sono stati quasi 19mila ed quasi hanno raggiunto il livello degli anni più bui della narcoguerra, il 2010 e il 2011.
Il numero dei desaparecidos ha superato quota 29.000. Stragi come quella di Playa del Carmen, nelle discoteche, nelle carceri, nelle piazze, sulle autostrade e in tutti i luoghi pubblici sono purtroppo all’ordine del giorno.

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