di Susanna de Guio
foto del collettivo Antena Negra Tv
Un misto tra rabbia e tristezza è ciò che ci resta in bocca al temine del voto del Senato argentino contro la legalizzazione dell’aborto. 38 voti contrari e 31 favorevoli, una assente e due astenuti, è tutto. Sono passate le due di notte e siamo in piazza dal mattino, al freddo invernale si è sommata la pioggia, che è scesa costante tutto il pomeriggio, come una maledizione.
La piazza inizia a svuotarsi, ci sono sguardi pieni di lacrime, lunghi abbracci e nessuna parola. Siamo stremate per poter reagire come vorremmo, per imporre il nostro voto ai senatori che non ci rappresentano, impermeabili alla volontà che abbiamo manifestato forte e chiara con un milione di corpi presenti durante il voto dei deputati lo scorso 13 giugno, e con quasi il doppio delle presenze in questo 8 di agosto atteso, temuto, voluto. Non hanno sancito quel “que sea ley!” che abbiamo gridato negli ultimi quattro mesi, tutti i martedì davanti al congresso con i fazzoletti verdi, che si sono moltiplicati esponenzialmente nell’ultimo anno, legati alle borse e agli zaini di una moltitudine di donne, al polso, al collo… fazzoletti verdi come il colore della Campagna per l’Aborto Libero, Sicuro e Gratuito che da quasi quindici anni porta avanti la battaglia per la libertà di scegliere delle donne. “Educazione sessuale per decidere, contraccezione per non abortire, e aborto legale per non morire” è la sintesi e il senso del progetto che la campagna ha presentato sette volte1 prima che fosse messo in agenda e discusso nelle camere.
Il lungo dibattito parlamentare ha raggiunto picchi di ignoranza, per esempio, quando la senatrice Cristina del Carmen López Valverde ha detto che avrebbe votato contro perché non aveva avuto il tempo di leggere il progetto di legge; in altri momenti è prevalso l’oscurantismo, come quando il senatore Rodolfo Urtubey ha dichiarato che in alcuni casi l’abuso sessuale – una delle tre cause per cui è attualmente consentito l’aborto in Argentina – non contiene una componente di violenza sulla donna.
Le conseguenze politiche del no alla legalizzazione dell’aborto saranno evidenti alle prossime elezioni, nel 2019, dove ciascun candidato sarà obbligato a prendere posizione sul tema, e con questa lente saranno osservate le alleanze politiche, i nomi e le facce dei senatori e delle senatrici che hanno votato contro stanno già circolando nei memes sulle reti sociali.
Le istituzioni religiose e le organizzazioni “pro vida” si sono mobilitate per impedire l’approvazione della legge solo dopo il voto dei deputati a favore della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza alla camera, lo scorso 13 giugno, moltiplicando i loro messaggi sulle pareti della città e nei media, le loro riunioni e preghiere in piazza, ma sono comunque pochi i fazzoletti azzurri che si vedono in strada, e che recitano “salviamo le due vite”, quella degli embrioni oltre che delle donne. Al contrario, il verde assieme al viola, colore della campagna contro la violenza sulle donne, hanno una storia ventennale alle spalle: molte delle femministe che nei primi anni Duemila hanno dato inizio alla campagna per l’aborto legale, sicuro e gratuito ricordano che erano poche, che parlare di aborto in pubblico era tabù, una questione malvista all’interno dello stesso femminismo. Nessuna si aspettava di vivere l’enorme movimento e l’intenso dibattito che si sono generati negli ultimi anni: nonostante l’aborto continui a non essere legale in Argentina, il tema è ormai installato nella società, nei media, la campagna è un soggetto politico legittimato, il dibattito ha raggiunto un livello di diffusione che è ormai irreversibile.2
Per questo, subito dopo la tristezza e la rabbia subentra un’altra sensazione, di segno opposto, ed è una certezza: la lotta femminista non si fermerà davanti al voto del senato, non può fermarsi perché ha innescato processi sociali profondi, perché è trasversale alle diverse aree politiche e non ha leadership, perché è capitanata dalle giovanissime, centinaia di migliaia di ragazze che sentono e sanno che stanno scrivendo la storia, che hanno perso la paura e liberano il loro corpo nello spazio pubblico con canti, balli, glitter sulle guance e slogan lanciati al cielo assieme ai fazzoletti, una marea di triangoli verdi.
Ciò che esce sconfitto dal risultato del voto al senato è il sistema rappresentativo nel suo complesso, si rivela la contraddizione palese e brutale tra un corpo politico conservatore e impermeabile, occupato ad auto proteggersi e perpetuarsi, e una società civile ampia e varia che sta chiedendo a gran voce l’accesso a un diritto fondamentale e insieme sta affermando la sovranità delle donne sui loro corpi, con creatività e tenacia, portando il dibattito e gli interrogativi nelle case come sui luoghi di lavoro, nelle scuole, sui media, nei laboratori di genere, nei corsi di autodifesa, con i murales nei quartieri e le performance in strada.
“Serà ley” dunque, se non quest’anno il prossimo o quello successivo, ma soprattutto sarà una rivoluzione dell’intera struttura patriarcale, una trasformazione profonda delle relazioni di genere; quel che vogliono donne, lesbiche, trans, queer in Argentina è cambiare il mondo: “la rivoluzione sarà femminista o non sarà” recitano i cartelli nelle manifestazioni, gli slogan sulle pareti, tracce di nuovi significati sociali che stanno circolando e continuano a contagiare, oltrepassando i confini dell’Argentina verso i femminismi di tutto il mondo.
Al termine di questo lungo ed epico 8 agosto, una ragazza mi dice sorridendo che ha appena comprato un nuovo fazzoletto verde: quello che ha è ormai stinto e sfilacciato, e la lotta è appena cominciata.
1 La Campaña por el Aborto Legal, Seguro y Gratuito è stata lanciata nel 2005 ed è oggi il principale riferimento politico sul tema: http://www.abortolegal.com.ar/proyecto-de-ley-presentado-por-la-campana/
2 Secondo uno studio condotto da due demografi per il Ministero della Salute nel 2005, si stima che in Argentina si realizzino tra i 370 e i 520 mila aborti all’anno. Dalla fine della dittatura, nel 1983, in Argentina sono morte più di 3000 donne per aborto clandestino, in condizioni igienico sanitarie precarie. Nel 2016 sono morte 43 donne per cause legate all’aborto, cinque di loro avevano tra i 15 e i 19 anni. https://www.pagina12.com.ar/99673-los-numeros-en-la-argentina; http://chequeado.com/hilando-fino/despenalizacion-del-aborto-que-datos-existen-en-la-argentina/