di Simone Scaffidi da Repubblica.it
Morire per delle idee. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016, due uomini armati hanno fatto irruzione nella casa dell’attivista honduregna Berta Cáceres, assassinandola. In prima battuta, gli inquirenti hanno attribuito l’omicidio a presunti ladri, in un secondo momento è stata avanzata l’ipotesi del «delitto passionale», ma a chi ha la sensibilità e la pazienza di non credere alle versioni fornite dal Potere, è stato chiaro fin da subito che Berta è stata ammazzata per rubarle la dignità e le idee, non le «cose» che aveva in casa. Fondatrice del Copinh – Consejo Cívico Popular e Indígena de Honduras, assieme alle sue compagne e alle comunità locali, Berta si era opposta alla costruzione della Centrale Idroelettrica Agua Zarca, promossa dall’azienda Desa. Per questa ragione è stata ripetutamente minacciata – di morte e di stupro – intimidita e alla fine assassinata. Berta, grazie al suo impegno, era diventata negli anni un punto di riferimento per tutte le organizzazioni latinoamericane che si occupano di diritti umani e portano avanti una lotta trasversale contro lo sfruttamento dei territori e le discriminazioni di genere e di etnia.
Il processo e le condanne. Il 29 novembre 2018, dopo due anni di pressioni internazionali, indagini ufficiali e parallele, la corte del Tribunale penale nazionale di Tegucigalpa ha emesso la sentenza di condanna per sette degli otto imputati per l’omicidio di Berta. Di queste sette persone, due sono funzionari o sono stati funzionari di Desa mentre quattro sono militari o ex militari dell’esercito della Repubblica dell’Honduras. Sergio Ramón Rodríguez è stato il direttore dell’area sociale e ambientale di Desa, considerato uno dei principali responsabili delle infiltrazioni in seno alla comunità indigena lenca al fine di garantire il consenso intorno al progetto e la sorveglianza di Berta Cáceres e altri membri del Copinh. Douglas Geovanny Bustillo è un ex tenente dell’esercito addestrato negli Stati Uniti che fino al giugno 2015 è stato capo della sicurezza di Desa, ritenuto una delle menti dell’agguato. Mariano Díaz Chávez è maggiore delle forze speciali di sicurezza dell’Honduras, anch’egli addestrato negli Stati Uniti, implicato in traffico di armi e droga. Henry Javier Hernández, sergente delle forze speciali sotto il comando di Diaz, è considerato il selezionatore e il capogruppo dei sicari che hanno realizzato l’omicidio. Gli altri tre nomi sono quelli di Edilson Duarte Meza, Edwin Rapalo e Oscar Torres, ex militari. Il 10 gennaio il tribunale comunicherà l’entità delle condanne, fino a tale data i sei sono sotto regime di carcere preventivo.
L’evidenza. Le condanne confermano ciò che il Copinh aveva sostenuto fin dall’inizio delle indagini, ovvero che Berta è stata uccisa per volontà di alcuni funzionari dell’azienda Desa in stretta collaborazione con membri delle forze speciali dell’esercito honduregno. Tesi avvallata anche dall’inchiesta del Guardian del febbraio 2017, che ha anche messo in luce i legami tra i servizi segreti honduregni e le forze speciali statunitensi. Il Copinh, di cui Berta al momento dell’assassinio era coordinatrice, ha espresso perplessità per il mancato riconoscimento della propria organizzazione come parte lesa durante il processo e di conseguenza per l’esclusione formale di Desa, in quanto azienda, e dei suoi quadri dirigenziali come accusati.
È stata fatta giustizia? Sarebbe interessante poterlo chiedere a Berta Cáceres. Ma il suo percorso e la sua storia rispondono per lei. Finché attiviste e attivisti che lottano per la giustizia sociale e ambientale verranno assassinate, minacciate e aggredite non si potrà parlare di giustizia per Berta. In Honduras, nel 2016, sono stati uccisi 14 attivisti ambientali, il numero pro capite più alto del mondo in rapporto alla popolazione del Paese. Il Paese centroamericano è stato in cima a questa macabra classifica per dieci anni (Fonte: Global Witness).
I principali finanziatori della centrale idroelettrica. Nonostante la morte di Berta e il ferimento di Gustavo Castro, attivista messicano che era ospitato da Berta al momento dell’agguato, abbiano indotto i due principali finanziatori della centrale idroelettrica – la Netherlands Development Finance Institution (FMO) e la Finnish Fund for Industrial Cooperation (Finnfund) – a ritirarsi dal progetto il Copinh e la famiglia di Berta credono che la strada per la giustizia sia ancora lunga. In un’intervista rilasciata da Bertha Zúniga, figlia di Berta Cáceres e attuale coordinatrice del Copinh, a LINyM, l’attivista commenta così il giudizio della corte, augurandosi che in marzo inizi il processo contro Roberto David Castillo ex direttore di DESA: «La sentenza condanna gli esecutori materiali dell’omicidio e alcuni membri della struttura intermedia che ha organizzato l’attacco. Si è anche evidenziato come questi ultimi avessero un legame diretto con DESA. Purtroppo i mandanti sono ancora liberi e godono d’impunità».